Per molti il nome di Kalkriese non dice nulla, storicamente parlando ma se a questa aggiungiamo la parola Teutoburgo, forse allora si riesce a capire cosa lo lega a Roma.
Ci troviamo in Bassa Sassonia, uno dei sedici stati federali della Germania, ubicato nella parte nord-occidentale del territorio tedesco e Kalkriese è una sua collina. Non una collina qualunque ma una collina che ospita un museo archeologico tra i più importanti della Germania. Un museo che è la memoria di quanto avvenne nel 9 d.C. nella sua folta e cupa selva, la foresta di Teutoburgo. (https://www.kalkriese-varusschlacht.de)
Nel 9 d.C. Roma era un Impero il cui fondatore, Gaio Giulio Cesare Ottaviano Augusto, più comunemente chiamato Augusto ambiva ad espandersi nei territori dell’attuale Bassa Sassonia… Territori che appartenevano a più tribù litigiose tra loro, tra cui una in particolare, quella dei Cherusci.
Perché particolare?
I romani già si erano spinti in quei territori superando quello che era il loro confine stabilizzato ovvero il Limes Renarum, il confine delimitato dal fiume Reno. Durante le sortite in quei territori i legionari romani presero con loro il figlio del capo tribù dei Cherusci (profondamente anti romano), utilizzandolo come ostaggio allo scopo di evitare atti di ribellione.
A quel bambino diedero cittadinanza romana con il nome di Gaio Giulio Arminio. Quel bambino crebbe, con istruzione romana raggiungendo il grado di Prefetto di Coorte.
Quindi nel 9 d.C. abbiamo Augusto Imperatore, Arminio Prefetto comandante di Coorte di Legione. Siamo sul Limes Renarum, in una provincia governata da Publio Quintilio Varo, politico e generale molto vicino ad Augusto. Ma ci sono anche problemi al di là del Reno dovuti alla continua litigiosità delle tribù, compresa quella dei Cherusci.
É in questo scenario che matura una delle più cruente e cocenti battaglie perdute dall’esercito romano. Roma ricorda tre sole battaglie per come sono state perse con alto prezzo di vite umane, Canne (seconda guerra punica 216 a.C.), Adrianopoli (378 d.C. in Tracia ad opera dei Visigoti) e tra le due c’è appunto Teutoburgo.
Il giorno della battaglia
Pubblio Quintilio Varo, quindi muove le sue Legioni, la XVII, la XVIII e la XIX verso le tribù ribelli. Supera il fiume Reno e si addentra nella selva di Teutoburgo. Nel frattempo il prefetto di Coorte Arminio tradisce: abbandona la Lorica, il gladio l’elmo e lo scudo romano e ritorna nella sua tribù da dove fu strappato. Ritorna da Principe e da principe riunisce tutte le tribù nell’intento di respingere l’esercito romano e ricacciarlo oltre il Fiume Reno. Con l’idea di fratellanza riesce a raggruppare uomini, molti uomini e li schiera nelle oscurità della foresta nascosti dalla folta vegetazione in attese che le tre Legioni più forti di Roma (Legioni che erano al servizio di Giulio Cesare che si sono distinte per coraggio e valore) passassero nella zona.
I legionari, costretti a marciare per fila di due-tre uomini massimo, costituivano una lunga e lenta colonna. Un facile obiettivo per gli uomini di Arminio che sbucando dalla Foresta chiusero a tenaglia i soldati romani facendone carneficina, aiutati anche dalla difficoltà di combattimento in cui si trovarono i legionari che essendo abituati a scontri in campo aperto non poterono adottare le tecniche per cui erano addestrati. Arminio lo sapeva ed è proprio questo che aveva strategicamente messo in atto.
Morirono 15.000 uomini, sparirono tre legioni, sparirono le insegne e le tre Aquile, di ciascuna. Terminata la battaglia, terminate le grida, le urla di dolore e morte, sulla foresta oltre il buio calò anche un silenzio assordante.
Si dice che Augusto saputo di queste perdite gridò battendo la testa al muro “Vare, redde mihi legiones”, “Varo, rendimi le mie legioni!” e si dice che si lasciò crescere la barba e i capelli in segno di lutto. Le tre Legioni, XVII, XVIII e XIX non furono più ricostituite.
Ma Roma pretendeva il recupero delle insegne e delle aquile… Perdere un’aquila era un disonore. Il compito fu affidato ad un generale, il generale Gaio Giulio Cesare.
Dal racconto di un soldato romano:
“… sono un esploratore, sono un legionario, uno di quelli abituati a vedere per primo il nemico. Sentire la sua voce, il suo odore e allo stesso tempo studiare i suoi movimenti. Mi chiamo Sertorius, sapevo che quel giorno sarebbe stato diverso. Ci ordinarono di entrare nella fitta selva alla ricerca di un qualcosa. Non ci dissero cosa. Si camminava a stento, nella penombra l’intenso odore del bosco penetrava le narici e la nebbia, talmente fitta da diventare acqua. Nel bosco c’era un silenzio soprannaturale, un silenzio strano. Nessun rumore, non sembrava essere in una selva, sembrava l’anticamera dell’inferno.
Quel giorno, io, Sertorius, trovai quello che non ci dissero. Quel giorno ho pianto. Non riuscivo a far altro che piangere, la voce era smorzata in gola. Mi uscì solo un grido di dolore. Di colpo gli altri furono vicini a me…”.
Quel giovane esploratore aveva trovato i resti dei soldati di Varo. Ossa e teschi sparsi per la foresta, tanti i corpi con ancora le armature addosso, molti di essi mutilati orrendamente. Un tappeto di morti a cui dare una sepoltura degna di Roma. Tanto era stata feroce la battaglia che molti cadaveri non si distinguevano tra chi era romano e chi era il nemico, ma il codice dei legionari fece sì che amico o nemico fossero comunque sepolti dignitosamente.
Venne trovato lo scheletro del generale Varo ma senza testa. Quella fu fatta recapitare da Arminio ad Augusto dopo la battaglia. Ora Roma poteva piangere i suoi morti.
Il generale Gaio Giulio Cesare dopo aver ripreso le insegne e le aquile si dedicò alla “caccia di Arminio” e dopo una serie di spedizioni in Germania (14-16 d. C.) riscattò la sconfitta di Varo e sconfisse Arminio liberando l’Impero dalla minaccia delle tribù germaniche. Ma Roma preferì consolidare il confine sul Reno piuttosto che inoltrarsi di nuovo in quei territori.
A Gaio Giulio Cesare fu dato il nome di Germanico per le sue imprese in terra tedesca, Germanico fu il padre di Caligola che divenne il terzo imperatore di Roma.
Immaginiamo che se a Teutoburgo ci fosse stata la vittoria dei romani sulle tribù germaniche e sui Cherusci, Roma avrebbe avuto la strada aperta fino al mar Baltico e da qui verso la Russia e magari avrebbe creato nuove province ma soprattutto avrebbe favorito nuovi scambi commerciali.
Ipotesi sul tradimento di Teutoburgo?
Forse la storia poteva essere scritta diversamente… a noi cosa rimane? Soltanto il dubbio di “cosa sarebbe successo se…”