Le vertigini sono un sintomo, piuttosto che una condizione patologica. In genere, sono provocate da problemi dell’equilibrio, ma possono anche essere determinate da problemi che insorgono in alcune parti del cervello. Al di là delle possibili patologie, le vertigini possono anche essere il risultato negativo di particolari stati psichici.
Vertigini dovute a patologie (rivolgersi al medico)
Le vertigini sono certamente una spiacevole sensazione che si avverte quando si accusa il classico giramento di testa. Quando si ha una vertigine si ha una distorsione della percezione sensoriale perché tutte le cose intorno a noi sembrano instabili e noi stessi percepiamo i nostri movimenti in modo distorto. Certe volte ci può sembrare di perdere l’equilibrio e di cadere. Le vertigini sono davvero molto fastidiose e non sempre è facile trovare la cura giusta, perché non è semplice scoprirne la causa.
Tra le cause più comuni, ci possono essere malattie vascolari, ipertensione, otite, traumi cranici, compressioni del nervo vestibolare, problema alle vertebre cervicali.
Nella maggior parte dei casi, la malattia che induce la vertigine è localizzata nell’orecchio, dato che è un organo anche impiegato al mantenimento dell’equilibrio.
Gli specialisti indicati per questo tipo di problemi possono essere l’otorino, il neurologo, il fisioterapista.
Vertigini dovute ad effetti psicologici (rivolgersi allo psicoterapeuta)
Accade però che, in alcuni casi di vertigine, non venga riscontrata alcuna causa organica. Questo fastidioso sintomo nasconde, invece, una sofferenza emotiva e per questo viene consigliato l’intervento di uno psicoterapeuta.
La presentazione del caso
Valeria, una paziente che ha convissuto per anni con le acute e talvolta insopportabili vertigini abbastanza frequenti.
Una signora di 48 anni (si parla dell’epoca nella quale si è presentata nel mio studio) ancora molto piacente, molto ben vestita e curata. Svolge un lavoro di alta responsabilità che la impegna tutta la giornata. Questa sua situazione, proprio per la sua continua assenza in famiglia, l’ha portata a dover divorziare. Il figlio, vive con lei, ma comunicano poco.
Qualche mese prima ha perso, nel giro di un mese, entrambi i genitori: il papà per un infarto, la mamma per una grave malattia che portava avanti ormai da molti anni. In entrambe le morti lei era all’estero per lavoro.
Valeria si sentiva estremamente colpevole di aver abbandonato la famiglia, il marito, il figlio ed i genitori. Pur avendo assicurato le migliori cure, l’università al figlio, ricchissimi regali al marito aveva visto la sua famiglia sfaldarsi e lei si era addossata la colpa di questo fallimento.
Dopo la morte dei genitori aveva ripreso la sua abituale routine, ma qualcosa dentro di lei si era rotto. Non comunica con il figlio perché anche lui, come la madre, è impegnatissimo nel suo lavoro e nei weekend è sempre con la sua fidanzata. Il suo ex-marito con il quale aveva mantenuto buoni rapporti non la capiva e, nei suoi confronti, si sentiva in difetto.
Lo stato psicologico di Valeria era decisamente pessimo. La sua reazione a questa indifferenza dei familiari la portò ad isolarsi e frequentare saltuariamente le conoscenze che aveva maturato nel mondo del suo lavoro.
Le vertigini come conseguenza
Dopo qualche mese, una mattina, alzandosi dal letto, accusò dei forti capogiri. Pensò alle famose cervicali che, dato il suo stress lavorativo, si erano ribellate a quel ritmo infernale di lavoro.
Andò dal medico, ma non risultò nulla di patologico. Malgrado la sua vita pazzesca godeva ancora di ottima salute. Il medico comunque le assegnò degli antidepressivi che inizialmente la fecero sentire un po’ meglio. Fu, però, un effetto di breve durata. Qualche settimana dopo, sempre la mattina, alzandosi dal letto, avverte di nuovo un forte capogiro, questa volta molto forte e duraturo tanto che spaventata di perdere l’equilibrio, si piegò e si distese a terra. Quel giorno non lavorò e dedico la giornata a non fare nulla e, per non essere disturbata, spense il suo telefono.
Il giorno dopo, però, stessa situazione, forte capogiro la mattina. Purtroppo, non poteva anche quel giorno non lavorare. Aveva troppi impegni importanti e con grande sforzo riuscì a prepararsi ed uscire. Aveva a sensazione di non controllare le gambe, che sentiva malsicure, inoltre aveva il respiro corto come se avesse fatto una lunga corsa e sentiva il cuore che batteva accelerato.
Da quel giorno, quando poteva, si servì sempre dei taxi perché si sentiva insicura. A pranzo si faceva portare dei panini per evitare di uscire ed andare al ristorante o tornare a casa. La palestra, alla quale andava quasi tutte le sere, fu abbandonata. Nei suoi viaggi di lavoro, spesso si faceva accompagnare dalla sua segretaria. Cercava di fare una vita più riposata e meno caotica. Nonostante tutti questi accorgimenti le vertigini persistono: si presentano tutti i giorni e decide finalmente di recarsi in una clinica specializzata nella cura delle vertigini. La sorpresa della diagnosi: ansia, problema psichico e non un problema fisico.
La soluzione dallo psicoterapeuta
Valeria accetta di fare dei colloqui di sostegno e delle sedute di rilassamento, perché motivata a guarire da questo invalidante sintomo. Le viene consigliata da una vicina (la potenza del passa-parola) di recarsi da me.
Già dalle prime due sedute si chiarisce, così apparentemente sembrava, che la causa di tutto sia la perdita dei genitori e della sua impotenza per aiutarli e stargli accanto nei momenti più difficili. Il divorzio ed il rapporto con il figlio sembravano la conseguenza del dolore primario legato alla morte dei genitori.
In poche sedute Valeria ripercorre la sofferenza degli ultimi anni e riesce a capire, invece, che il suo sintomo non è tanto legato alla perdita della mamma, che accetta, ma piuttosto alla rabbia nei confronti di suo marito (e poi ex marito) e di suo figlio, da cui si è sentita abbandonata in un momento per lei molto delicato. Avrebbe desiderato ricevere più attenzioni, ma il suo isolamento ha invece portato al risultato opposto: marito (ex marito) e figlio hanno pensato che Valeria preferisse stare sola nei momenti di tristezza,
Anche per la questione dei capogiri non si sentiva compresa in quanto i familiari non hanno mai dato importanza alle sue vertigini, sapendo che non erano originate da malattie organiche (quindi non la percepivano malata).
Valeria riesce a capire che è il suo atteggiamento di chiusura che mantiene la sua tristezza ed il suo sintomo ed inizia perciò a ricercare il dialogo in famiglia.
Rallenta il suo ritmo di lavoro, organizza una cena a sorpresa dove invita il suo ex marito e il figlio con la fidanzata. Parlano molto, si confrontano e appena loro avvertono il cambiamento di Valeria, sono subito molto disponibili nei suoi confronti e la rabbia della paziente non ha più motivo di esistere. Improvvisamente, le vertigini svanirono.
Contatti con lo psicoterapeuta
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