La sindrome di Burnout deriva dall’esaurimento psico-fisico che può colpire chiunque sia sottoposto a responsabilità e stress da prestazione nel riguardo di soggetti bisognosi.
La figura è stata presa dal sito https://www.oberlo.it/blog/sindrome-burnout
Le responsabilità e i conflitti che sorgono tra una persona anziana che richiede la presenza di un operatore esterno e l’operatore stesso possono isolare quest’ultimo. L’effetto di questo isolamento può arrivare a compromettere i rapporti sociali dell’assistente. Spesso, in lui, si genera una forma di forte asocialità che sfocia nella costituzione di un carico crescente di diversi sentimenti. Collera, frustrazione, senso di colpa, ansia, stress, depressione, senso di impotenza ed esaurimento costituiscono ciò che viene chiamata sindrome dell’esaurimento psicofisico (o “burnout”) dell’assistente. Nel peggiore dei casi, in cui gli assistenti non siano a conoscenza o non siano in grado di ottenere aiuto, l’esaurimento psicofisico può portare al maltrattamento degli anziani, compreso l’abbandono e persino abusi.
Il caso
La suora che ho conosciuto, accompagnata dalla Madre Superiore del Convento delle Suore Clarisse cappuccine, era palesemente provata dall’attività di assistenza ai malati.
Nella presentazione del caso la chiamerò Suor Ada, per mantenere la necessaria riservatezza.
Fu la Madre Superiore che mi raccontò tutta la questione perché Suor Ada non ne voleva assolutamente fare alcun cenno. Si era chiusa a riccio ed era convinta che questa sua sofferenza fosse il prezzo dei peccati da pagare per il perdono finale. Si era dedicata anima e corpo alla cura di una signora molto anziana e molto malata (cancro al fegato e demenza senile).
Era stata raccomandata presso una famiglia per l’assistenza continua dalle 8,00 della mattina alle 20,00 della sera a questa signora. Lei doveva fornire aiuto alla signora per le attività basilari (cucinare, aiutarla a mangiare, a lavarsi, a vestirsi) più naturalmente farle assumere i farmaci prescritti.
Il lavoro che suor Ada aveva accettato di svolgere – e lo aveva accettato con entusiasmo – era abbastanza impegnativo. Si era preparata una scaletta nella quale aveva riportato tutte le cose da fare per il timore di dimenticare qualcosa.
La situazione si presentò, però, più pesante del previsto. La paziente era capricciosa, non voleva fare quel che Suor Ada diceva. I toni delle comunicazioni verbali si andavano sempre più alzando e Suor Ada, donna dal carattere mite e gentile, soccombeva sempre nel confronto verbale con la paziente. Indubbiamente la signora era poco collaborativa fino al punto che un giorno arrivò all’atteggiamento aggressivo: lanciò un quaderno contro suor Ada, investendola di insulti.
Suor Ada si sentiva fallita nella sua missione e non sapeva più cosa fare.
Cosa ho detto a Suor Ada
Fare l’assistenza ad una persona anziana e malata è sicuramente un’azione meritevole, ma va eseguita con cognizione di causa. Le cose da fare e le conoscenze da acquisire sono numerose:
Per stabilire e soddisfare le esigenze di una persona anziana e per evitare l’esaurimento psicofisico dell’assistente, quest’ultimo dovrà consultarsi con diversi operatori sanitari, tra cui un assistente sociale, un assistente geriatrico, il medico di base, un infermiere e/o un fisioterapista. Gli assistenti, inoltre, dovranno escogitare strategie per prepararsi a fornire assistenza agli anziani per evitare l’esaurimento psicofisico, come quello capitato a suor Ada.
Come evitare l’esaurimento psicofisico dell’assistente
Nel famoso manuale MSD, per questa categoria di pazienti è necessario prendere i seguenti accorgimenti:
- imparare a conoscere la causa, i sintomi e gli effetti a lungo termine della condizione dell’anziano;
- anticipare i cambiamenti nell’anziano e nel livello di assistenza necessario;
- lasciare che l’anziano prenda decisioni e risolva i problemi il più possibile;
- conoscere e capire i propri limiti;
- non interpretare in modo personale la collera, la frustrazione o i comportamenti difficili dell’anziano (questi comportamenti possono essere sintomi di una malattia, come la demenza);
- evitare di litigare e imparare a cambiare l’orientamento di conversazioni difficili;
- comunicare con altri familiari ed amici qualsiasi variazione, scegliendo di comune accordo gli atteggiamenti più appropriati e possibili;
- confidarsi con persone amiche circa l’esperienza che si sta avendo e ascoltare eventuali consigli e pareri di supporto;
- mangiare regolarmente e praticare attività fisica e riposare a sufficienza;
- programmare spazi regolari per il relax e le attività divertenti;
- prevedere di avvalersi di servizi di assistenza diurna o assistenza sostitutiva per ritagliarsi una pausa temporanea in caso di necessità;
- parlare con un consulente, un terapeuta o una guida spirituale, se necessario.
Conclusioni
Suor Ada col mio aiuto periodico, riprendendo un po’ in mano la situazione, è riuscita pian piano a tornare ad essere utile alla povera signora.
Aveva capito che un lavoro di questo tipo non è una passeggiata e non basta fare i necessari servizi per aiutare una persona anziana e malata. Ciò che serve è entrare con delicatezza nel mondo del soggetto malato. Potrebbe sembrare un giuoco di ruolo, vivere accanto a lui in quel mondo fantastico nel quale il paziente riconosce la sua realtà.
Una volta che suor Ada riuscì a riprendersi dal suo stato di negatività, ho puntato sulla questione della consapevolezza personale, facendola sentire importante e risolutiva. La consapevolezza di se stessa l’ha responsabilizzata positivamente in quanto conscia di essere in grado di gestire e risolvere i vari problemi presentati da quell’attività.
Qualora il lettore ritenesse utile un colloquio o effettuare una comunicazione, potrà contattarmi attraverso la redazione o per via telefonica (+39 – 393 183 8610) o tramite posta elettronica: (francescaromanad@icloud.com).
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