Una grande notizia sulla plastica da uno studio preliminare sfociato in un articolo del 2020 e confermato in un recente articolo del 2022.
Navigando nel mare internet alla ricerca di qualcosa che potesse opporsi all’allarmante diffusione della plastica negli oceani, mi sono imbattuto in una prestigiosa rivista. Scritta naturalmente in inglese (americano), fortunatamente traducibile in italiano per chi non conoscesse l’a lingua, mi ha fornito notizie strabilianti.
La rivista Science of The Total Environment è naturalmente una rivista internazionale multidisciplinare di scienze naturali per la pubblicazione di ricerche nuove. Queste, sono basate su ipotesi ad alto impatto sull’ambiente totale, che interfaccia l’atmosfera, la litosfera, l’idrosfera, la biosfera e l’antroposfera.
Le varie organizzazioni mondiali che comunque si sono opposte alla diffusione della plastica hanno adottato misure marginali con lo scopo di rallentare tale fenomeno. Tuttavia, tali iniziative non possono risolvere il problema che può unicamente trovare la sua soluzione nell’abolizione immediata della produzione della plastica.
La rivista suddetta, nel 2020, riportava un articolo dal titolo: Biodegradazione rapida di schiume poliuretanche rinnovabili con identificazione di microrganismi associati e prodotti di decomposizione [1].
Naturalmente, l’obiettivo di questa ricerca era determinare se era possibile sviluppare prodotti in poliuretano commercialmente rilevanti che possono biodegradarsi nell’ambiente naturale.
Interessante lo sviluppo dei polioli di poliestere[2] da oli di alghe e ridotti in schiume mantenenti una struttura chimica tale da consentire loro di biodegradarsi.
Queste schiume sono state incubate nel compost e nel terreno e hanno perso dal 30% e il 71% di massa e dal 41% al 71,5% di forza di compressione, rispettivamente, dopo 12 settimane. Diversi batteri e funghi sono cresciuti in abbondanza sul poliuretano. Questi microrganismi, isolati dal compost e dal terreno, hanno mostrato di essere in grado di crescere con il poliuretano come unica fonte di carbonio.
I risultati, quindi, confermano la possibilità di creare prodotti plastici che a fine-vita, tramite la biodegradazione, si scompongono in altri elementi non dannosi.
Il 22 settembre 2022, la stessa rivista riportava un altro articolo di notevole interesse che confermava la possibilità di generare plastiche biodegradabili.
Titolo dell’articolo: Biodegradazione di schiume poliuretaniche rinnovabili in ambiente marino avviene per depolimerizzazione da parte di microrganismi marini; non molto chiaro, ma dai contenuti sorprendenti.
Gli autori[3], dei quali molti avevano partecipato alla stesura del precedente articolo del 2020,
hanno confermato la possibilità di avere delle plastiche idrosolubili o, meglio, biodegradabili.
Sono state sviluppate schiume di poliuretano (PU) che si biodegradano rapidamente nell’oceano.
Identificati i batteri e i funghi marini che biodegradano e consumano queste PU.
L’accumulo di plastica negli oceani della Terra sta causando perturbazioni diffuse agli ecosistemi marini.
Una schiuma di poliuretano (PU) derivata da materiali biologici rinnovabili (presi dal compost o dal suolo) è stata commercialmente sviluppata. Questo principalmente per aiutare a mitigare il carico ambientale causato dalla plastica non degradabile.
Quindi, questo lavoro conferma che le schiume PU possono essere biodegradate da microrganismi marini nell’oceano e da microrganismi isolati in un sito misto mare-ambiente acquatico.
Se queste schiume dovessero finire involontariamente nell’ambiente marino, come fanno molte materie plastiche, subirebbero la biodegradazione in modo naturale e verrebbero trasformate dai prodotti di degradazione in biomassa da parte di microrganismi marini.
Se, da subito, si mettessero in azione queste scoperte, forse potremmo farcela a ripristinare un po’ d’ordine su questo pianeta che stiamo fortemente maltrattando.
[1] Composti organici di carbonio, ossigeno e idrogeno
[2] Natasha R. Gunawana, Marissa Tessmanb, Ariel C. Schreimanc, Ryan Simkovskyc, Anton A. Samoylova, Nitin K. Neelakantanb, Troy A. Bemisa, Michael D. Burkarta, Robert S. Pomeroya, Stephen P. Mayfieldc, del Dipartimento di Chimica e Biochimica, Università della California, San Diego, 9500 Gilman Drive, La Jolla, CA 92093, USA – Algenesis Materials Inc., 1238 Sea Village Dr., Cardiff, CA, USA – Divisione di Scienze Biologiche, Università della California, San Diego, 9500 Gilman Drive, La Jolla, CA 92093, US.
[3] Natasha R. Gunawan a,1, Marissa Tessman a,1, Daniel Zhen a,1, Lindsey Johnson a, Payton Evans b,
Samantha M. Clements c, Robert S. Pomeroy b, Michael D. Burkart b, Ryan Simkovsky a, Stephen P. Mayficampo d, un Algenesis Inc., 1238 Sea Village Dr., Cardiff, CA, USA – b Dipartimento di Chimica e Biochimica, Università della California, San Diego, 9500 Gilman Drive, La Jolla, CA 92093, USA c Center for Marine Biodiversity and Conservation, Scripps Institution of Oceanography, University of California San Diego, 9500 Gilman Drive, La Jolla, CA 92093, USA d Department of Molecular Biology e California Center for Algae Biotechnology, University of California, San Diego, 9500 Gilman Drive, La Jolla, CA 92093, USA.