infanzia

L’infanzia è un periodo fondamentale nella vita di ogni individuo. Su essa si basa lo sviluppo e l’assunzione della personalità che contraddistinguerà il soggetto per le sue particolari caratteristiche.

L’infanzia è il primo periodo di vita nel quale i bambini assorbono quanto viene a loro insegnato dai genitori, dalla scuola primaria, dai parenti ed amici stretti, dall’ambiente nel quale vivono e crescono, dai media. Tutto quanto viene assorbito viene analizzato e questo processo porta a formulare le proprie risposte. Queste possono – se trasmesse ai grandi – essere accettate, se ritenute corrette o modificate/rifiutate se considerate inappropriate. Il bambino, quindi, si appropria delle risposte maturate, da solo o con l’intervento dei grandi, e mattoncino su mattoncino costruisce così la sua personalità.

Proprio perché le influenze esterne dovrebbero essere le più corrette, è facile intuire come l’infanzia rappresenti un periodo di estrema delicatezza perché è proprio in quel periodo che il bambino è soggetto al danno psicologico. Le risposte fornite dal fanciullo possono essere di vario tipo e tutte dipendenti dalle esperienze fino a quel momento maturate e dall’ambiente esterno.

Se la persona, divenuta adulta, ha subito stati di abbandono nel corso della sua infanzia o è stato spettatore di scene traumatiche, la sua personalità è certamente segnata da questa/e esperienza/e negativa/e.

Tralasciando tutta una serie di situazioni che possono influenzare, positivamente o negativamente, la crescita psichica di una persona, partendo dalla sua infanzia, voglio porre l’attenzione su un particolare aspetto: il neglect.

Il neglect

Il neglect può essere definito come una mancanza di protezione, considerazione, sufficiente responsabilità dei genitori nei confronti del bambino. Questo senso di trascuratezza spesso è così sottilmente infido da non essere avvertito dal piccolo perché non esistono traumi o violenze tali da turbare profondamente. Il bambino crescerà credendo di aver vissuto nella normalità senza analizzare quelle mancanze e torti subiti.

Questa ultima situazione ci porta a pensare che nel mondo, tra la gente che quotidianamente vive la propria esistenza, molti adulti sono ignari di aver avuto un’infanzia tremenda. Talvolta, costoro nell’osservare il comportamento di altre persone o famiglie, comprendono che a loro è mancato qualcosa, ma non riescono ad individuare cosa. Non riescono a fornire una risposta adeguata ed esauriente, allora l’unica cosa, la più facile, è quella di addossarsi la colpa di questa propria carenza.

In genere, questo stato emozionale che si modella a causa della trascuratezza perpetrata dai genitori o da chi accudisce il bambino è il risultato di una trascuratezza inflitta nei momenti più importanti della crescita.

La trascuratezza emotiva nell’infanzia provoca sovente sensazioni che generano la bassa autostima, la vergogna, fino ad arrivare ai disturbi di personalità.

Il bambino ha bisogno di tutto il sostegno emotivo dei genitori per assumere consapevolezza di sé e per strutturare la sua personalità!

Quando un bambino cresce senza le corrette attenzioni, può arrivare a sentirsi sbagliato o invisibile perché crede che i suoi bisogni emotivi siano irrilevanti od anche errati. Tale convinzione, maturata nel periodo infantile, diventa parte integrante della sua personalità. Da piccolo non ha potuto riflettere sugli atteggiamenti sbagliati dei genitori, non li condanna assumendosi il peso di una colpa che non è sua.

Le caratteristiche dell’adulto vittima del Neglect

Mancando l’interesse da parte dei genitori il bambino arriva a giustificare il loro comportamento convincendosi che la sua incapacità non è meritevole d’amore e che il mondo gli è ostile.

Un adulto che da bambino è stato trascurato emotivamente, può provare varie sensazioni ed il suo livello emozionale è sbilanciato non riuscendo ad apprezzare in modo corretto le sue e le altrui emozioni.

Vari sono i disagi che un soggetto di questo tipo può accusare:

  • il non piacersi (dall’avere i sensi di colpa, alla poca cura per se stessi);
  • la non consapevolezza e la capacità descrittiva degli stati emotivi rendendo sterile e incolore la sua comunicatività;
  • emozioni di vergogna, di inquietudini perché crede di essere diverso dagli altri e la conseguenza di ciò è la sfiducia nel prossimo;
  • queste carenze affettive portano anche a forti sensazioni di vuoto, sembra di cadere indefinitamente senza mai raggiungere il suolo.

Accanto a tali disturbi, come detto, molti adulti non sono consci di aver avuto un’infanzia difficile perché non hanno termini di paragone, da bambini, hanno normalizzato tutto. Tuttavia esistono dei modi di dire che indicano inequivocabilmente che il soggetto potrebbe aver avuto problemi emozionali durante l’infanzia. Spesso si ascoltano da soggetti di questo tipo frasi del tipo:

  • Faccio da solo, grazie!
  • Mi sento fuori posto, non so cosa fare. Sembro inutile!
  • Scusate, è colpa mia.
  • Vorrei qualcosa che mi riempisse quel vuoto che ho dentro, ma non so cosa.

Interventi per rimuovere questi disturbi

Per fortuna la trascuratezza emotiva non rappresenta una malattia cronica, ma solo un disturbo psicologico. Il passato ha segnato negativamente il tuo animo e lo sviluppo della tua personalità è stato compromesso. Quando il soggetto si rende conto di questo stato deve trovare la forza e la determinazione di volersi costruire un futuro migliore.

Si tratta di un processo che non è facile da realizzare perché si vanno a rimuovere le credenze infantili che giustificavano i genitori e incolpavano loro stessi. La rivelazione che erano i genitori ad essere in difetto è dura da digerire, ma essenziale per il corretto recupero psichico. Tuttavia, da adulti, quando si arriva ad analizzare il passato infelice, significa che è giunto il tempo nel quale diventa fondamentale prendersi cura di se stessi e della propria salute fisica e mentale.

Regredire mentalmente nel passato, individuare i modelli accettati, ma che non erano corretti, analizzarli e modificarli dandogli il giusto valore non è una cosa semplice. Lo psicoterapeuta, in queste situazioni, diventa fondamentale soprattutto per evitare l’errore della recidività, cioè ricadere nell’errore di giustificare i genitori.

Tuttavia, lo psicoterapeuta è una figura essenziale solo se il paziente collabora mostrando con fermezza la volontà di migliorare il suo status psichico.

Il caso

Un paziente, professionista affermato nel suo campo, mi ha interpellato lamentando tutta una serie di problemi che, a lui sembravano minimi, ma che comunque lo mettevano spesso in difficoltà. Era da poco uscito da un forte esaurimento nervoso che aveva curato farmacologicamente, ma si era reso conto che quelle cure erano solo dei palliativi che avevano effetto per il momento, ma non curavano il problema che lui, da solo, era riuscito ad individuare.

Riguardava la propria infanzia, una delle prime cose che mi disse: «Non ricordo che mia madre mi avesse mai dato un bacio o un abbraccio … quando morì mio padre, poco prima di esalare l’ultimo respiro volle stringermi la mano, ma neanche lui mi diede mai un bacio o un abbraccio».

Un’infanzia terribile, priva degli affetti più intimi, quelli di una madre e di un padre che, comunque, a modo loro, amavano i figli (il paziente ha una sorella).

Il percorso è stato quello di aiutarlo a ricordare la sua infanzia, il confronto con gli altri bambini e con i genitori dei suoi coetanei. Impresa lunga e dolorosa per lui, ma è riuscito nell’intento. Ora continua a vivere la sua vita riuscendo a gustarla pienamente senza timori e molto più serenamente.