Superbia, un’emozione che sembra essere diametralmente opposta all’emozione della vergogna. Entrambe, però, esprimono un rapporto disfunzionale con la percezione di sé e degli altri. Da qui la difficoltà al sano inserimento nella società nella quale si vive.
La superbia nasce da un bisogno sproporzionato di sentirsi superiori agli altri al punto tale che il soggetto si considera il migliore e, quindi, più meritevole. Il soggetto esprime la sua emozione attraverso comportamenti che tendono a svalutare gli altri e promuovere se stesso ponendosi su un piedistallo immaginario. Da qui la triste illusione di essere un grande.
Nella maggior parte dei casi, però, questa emozione è accompagnata da uno stato celato di fragilità psichica assimilabile alla vergogna. Questa è dovuta ad uno stato di inferiorità latente che il soggetto tende a nascondere con il suo comportamento. Il superbo ha bisogno di conferme costanti, teme di essere messo in discussione ed è costantemente in guardia contro tutto ciò che potrebbe compromettere la sua immagine di perfezione.
Il punto di vista della psicologia
In termini psicologici, la superbia è una forma di compensazione per quel senso di inferiorità latente. Il bisogno di sentirsi migliori deriva dal timore di essere, in realtà, meno di quanto si appaia.
Questo paradosso fa sì che la superbia sia strettamente collegata alla vergogna: la prima serve a mascherare o evitare la seconda. L’individuo superbo, infatti, costruisce un’immagine grandiosa di sé proprio per tenere a bada il terrore della vergogna e dell’umiliazione.
Se la superbia cerca di mascherare la fragilità, la vergogna è l’emozione che ne svela tutto il peso. La vergogna è una sensazione dolorosa di essere sbagliati o inadeguati agli occhi degli altri. Mentre la colpa riguarda l’azione (ho fatto qualcosa di sbagliato), la vergogna riguarda l’essere (sono sbagliato).
A differenza del superbo, che esige attenzione e ammirazione, l’individuo schiacciato dalla vergogna desidera solo scomparire, convinto di non meritare né amore né rispetto.
La vergogna, come la superbia, è un’emozione radicata nella paura del giudizio e nell’ansia sociale. La superbia spinge verso l’alto mentre la vergogna trascina verso il basso. Entrambe, però, condividono la stessa radice: un rapporto distorto con il proprio valore.
Spesso vergogna e superbia coesistono nella stessa persona, alternandosi in base alle circostanze. In questo modo, però, l’equilibrio interiore è costantemente precario e la serenità diventa difficile da raggiungere.
Come curare questo stato patologico
Possiamo curare questo stato emozionale? Certamente e con una buona dose di umiltà, insegnando l’arte di essere se stessi. Di fronte a queste due emozioni estreme, l’umiltà si presenta come un antidoto potente. Attenzione però: non dobbiamo confondere l’umiltà con l’umiliazione. L’umiltà non è sottomissione o autodenigrazione come è l’umiliazione, ma è la capacità di riconoscere le proprie possibilità reali. Quindi, si tratta di assimilare quell’abilità che fa accettare se stessi per ciò che si è realmente, senza la necessità di esagerare le proprie qualità, né sminuirsi per i propri limiti. Si arriva così ad avere un soggetto che non sia né superbo, né vergognoso. Avremo una persona consapevole dei propri punti di forza e delle proprie debolezze. Il paziente, se raggiunge questo stato di equilibrio, non si lascerà più trascinare dall’ansia del confronto con gli altri.
L’umiltà permette di riconoscere che non è necessario essere superiori agli altri per essere degni di rispetto e amore. Mentre il superbo, in cerca di conferme esterne, costruisce un’immagine fittizia di sé che lo allontana dalla realtà e dalle relazioni autentiche, l’umile abbatte questa facciata, permettendo di mostrarsi per quello che è, con i suoi pregi e difetti.
In questo modo, si apre alla possibilità di creare legami sinceri e profondi con gli altri, basati sulla genuina condivisione e non sul desiderio di dominare o impressionare.
Analogamente, l’umiltà è un antidoto contro la vergogna. Chi è umile accetta i propri limiti senza farsi condizionare da questi. La vergogna nasce dalla paura di essere giudicati negativamente, ma chi è umile non ha bisogno di nascondere le proprie imperfezioni. Non si sente sbagliato, ma semplicemente umano. Sa che tutti hanno difetti e che l’errore fa parte della natura umana.
Superbia e autostima
Superbia e autostima sono parenti, tanto differenti quanto simili. Divisi da un filo sottile, quasi impercettibile, che molte volte oltrepassiamo senza vederlo. Il passaggio è sempre in un unico senso: facilmente si passa dall’autostima alla superbia.
L’etimologia parla chiaro. Il suffisso nella parola autostima indica che si tratta di qualcosa di intimo. È una stima per sé stessi, che fa bene a chi la prova e la alimenta. Il superbo, diversamente, è sempre in tensione (ansia), nutre diffidenza verso gli altri che non ritiene mai al proprio livello e quindi capaci di poter sostenere un confronto.
Ci saranno allora degli accorgimenti che possano riportarci sulla via della positività per essere utili a chi abbiamo intorno?
Fondamentalmente il superbo è solo, mette soggezione e tende ad essere emarginato. Invece, la persona che si autostima è ben disposta verso gli altri, ha un istintivo atteggiamento di apertura nei confronti delle persone e tende ad essere altruista, collaborativa. È chiaro che qualità rare come queste non passano inosservate. Proprio per questo motivo che la persona che si autostima, anche se non fa nulla per far notare questa caratteristica agli altri, verrà comunque riconosciuta proprio grazie alla positività che ha verso le altre persone. È così che una disposizione intima diventa la prima peculiarità che, involontariamente, un individuo rivela di sé.
Il caso
Un paziente, spronato dal figlio e dalla moglie che lo hanno accompagnato al primo incontro, si è presentato svelando che il suo atteggiamento nei confronti degli altri era meditato per innalzare il suo stato intellettuale per quanto riguarda le conoscenze nel campo della progettazione navale. Il paziente è un ingegnere navale, laureatosi con una votazione discreta, ma non eccellente e questo lo fa soffrire molto. La strada che ha trovato per porsi su un piedistallo rispetto ad altri che ritiene inferiori (anche se in realtà non lo pensa perché sa che non lo sono) è quella di raccontare che sta perennemente collaborando con varie Università per la stesura di dispense e libri per vari corsi inerenti alcuni esami.
Addirittura, per dare prova della veridicità di tali impegni, ha rinunciato ad alcuni piccoli incarichi per la progettazione di alcuni natanti.
Portare il paziente a scendere dalla sua illusoria posizione di superiorità non è stata cosa facile, tanto che nelle prime sedute voleva convincermi della sua superiorità.
Una lunga terapia, dove però si è riscontrata la sua collaborazione, ha portato a risultati che, attualmente, pongono il paziente in una situazione di normalità, soprattutto nelle relazioni con gli altri colleghi che prima non lo stimavano perché molto schivo e poco incline alla cooperazione. Nel frattempo, è stato chiamato per collaborare ad un progetto di costruzione di un panfilo di grandi dimensioni. Qui è riuscito ad entrare nel team di progettazione con un’impronta più serena e consapevole dei suoi limiti per i quali è richiesta la collaborazione degli altri componenti del gruppo di lavoro.
Cosa fare per migliorare
- Fatti parlare dietro, bene.
Come gli altri parlano di noi se non ci comportiamo bene, lo faranno nel caso di un inconsueto piacere riscontrato nell’essersi confrontati con noi. Assunto che le persone per istinto sono portate a parlare degli altri in loro assenza, tanto vale che lo facciano esprimendo pareri positivi. Inoltre questo genererà un passaparola sicuramente utile e, quindi, posizionante e di buona reputazione.
- Fai il giro lungo (non parlare di te, ma fai arrivare gli altri a te).
Mentre la superbia genera un inguaribile e intollerabile protagonismo basilare a consentire ai superbi di testimoniare il proprio ego, nel caso dell’autostima l’obiettivo è interessare gli altri a cercare quei valori proprio perché non espressi in maniera volgare e grossolana, ma solo lasciati sospettare. Questo ci farà protagonisti involontari di un interesse genuino da parte degli altri. Non dimentichiamo mai che la credibilità di una persona viene dai valori a cui essa si riferisce. Nella conversazione con qualcuno dimostrare che ci sono casi esemplari al di fuori di noi stessi, inoltre è una buona regola quella di portare agli altri gli esempi che per noi sono stati validi. Ci rende più credibili e gli altri più soddisfatti.
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