secondo classificato

Stelle e Dintorni si congeda da voi, dopo la pubblicazione di E.R.B.A. di Ambra Mattioli, racconto vincitore del nostro concorso per opere inedite di fantascienza, con il racconto breve “Benvenuti Alieni” di Mauro Bianchi, classificatosi secondo.

Si tratta di un racconto scritto da un amico oggi purtroppo scomparso, a cui ci piace dare omaggio in questo modo.

Il nostro concorso termina qui. Vi invitiamo a preparare i vostri racconti per la prossima edizione, a cui speriamo vogliate partecipare numerosi.

La Redazione.

Benvenuti Alieni

L’ufficio era poco più di un cubicolo, ma aveva il vantaggio di possedere una scrivania e una sedia, un vero lusso per il primo avamposto terrestre su Marte arrivato da poco più di due settimane con il vettore di SpaceX.  Il comandante stava compilando il suo rapporto giornaliero sulle attività della colonia come faceva tutti i giorni, consapevole che ciò che avrebbe scritto avrebbe potuto essere la testimonianza della più grande avventura dell’umanità dopo la scoperta del Nuovo Mondo o del suo misero fallimento.

L’avamposto era ancora poco più di una cupola pressurizzata, con un centro nevralgico costituito dal cuore del vettore arrivato fin lì e dove, in caso di necessità, i sette membri dell’equipaggio avrebbero potuto trovare rifugio in attesa dei soccorsi.

Elon Mask, il proprietario e fondatore di SpaceX, in una intervista del lontano 2019 su YouTube con Peter Diamandis lo aveva detto chiaro e tondo: “Qualcuno non tornerà vivo, ma sarà una grande avventura e un’esperienza stupenda” e per l’ormai non più giovane Samantha Cristoforetti, scelta da lui stesso per comandare la prima missione, la cosa non era di buon auspicio. Del resto, Mask si era già sbagliato affermando tre anni dopo quella intervista, che Marte sarebbe stato colonizzato entro il 2026. Aveva sbagliato di poco, solo cinque anni, ma comunque si era sbagliato e questo dava a Samantha un minimo di speranza che le capacità di veggente del suo datore di lavoro non fossero poi così accurate.

Samantha stava controllando i progressi nell’attivazione dei droidi minatori. Questi piccoli ma potenti scavatori avrebbero creato nel sottosuolo di Marte le prime caverne dove impiantare le serre idroponiche per l’autosostentamento della colonia, al riparo dall’eccessiva radiazione ultravioletta o dalle tempeste solari, o altre cose simili. Altri droidi sarebbero stati attivati in seguito per raccogliere il ghiaccio. La seconda spedizione che sarebbe arrivata da lì a un mese circa, infatti, avrebbe portato il laboratorio chimico dove ghiaccio e anidride carbonica, così abbondante nell’atmosfera di Marte, sarebbero stati fatti reagire per ottenere metano e ossigeno, secondo la reazione chimica H2O + CO2 = CH4 +2O2.

Lo spazio all’interno della cupola era ancora ridotto, quindi ogni cubicolo aveva una sua porta e non solo per garantire un minimo di privacy. Ogni porta in caso di emergenza, si sarebbe trasformata in un portello ermetico garantendo la pressurizzazione del cubicolo e dando al suo occupante il tempo di indossare la tuta spaziale e raggiungere la relativa salvezza del modulo centrale.

Per questo nessuno teneva la porta aperta ed era tenuto a bussare prima di aprirne una qualsiasi. Così Samantha dovette interrompere il suo lavoro perché qualcuno bussava con una certa insistenza alla porta del suo ufficio.

“Avanti avanti, prima che buttiate giù la porta!”

Quando questa si aprì, si affacciò il membro più giovane dell’equipaggio con il volto sconvolto

“Comandante, deve venire immediatamente al portello principale: abbiamo un problema”

Samantha era già in piedi e si muoveva rapida per raggiungere l’ingresso della cupola.

“Che tipo di problema Stuart?”

“Io non so come spiegarlo… non ci credo nemmeno… Lo vedrà lei stessa comandante”

Primo Contatto

Una ventina di passi furono sufficienti per raggiungere il portello stagno e Samantha dovette farsi spazio tra gli altri membri dell’equipaggio per raggiungere l’oblò del portello interno e lì sgranò gli occhi e le cadde la mascella: dentro la camera di decompressione c’era due ominidi alti sul metro e venti circa, dal corpo esile e glabro sormontato da una testa enorme, con occhi a mandorla, due orifizi al posto del naso, senza orecchie visibili e piccole bocche prive di labbra.

Non sembravano portare tute protettive e non avevano né indumenti né altro che potesse far pensare ad armi o congegni scientifici. Solo uno dei due aveva in mano una scatola che sembrava completamente innocua.

“Ma che diamine…”

Non ebbe il tempo di dire altro che nella sua testa sentì formularsi un pensiero proveniente decisamente da uno dei due alieni

“Vi spiacerebbe lasciarci entrare? Siamo venuti a darvi il benvenuto su Marte”

“Avete sentito anche voi?” chiese sempre più esterrefatta Samantha ai suoi compagni

Tutti annuirono, incapaci di proferire parola essendo ancora sotto shock.

Samantha recuperò il suo sangue freddo, almeno in parte, e riprese il controllo sulle sue azioni.

“Inutile stare qui a pensarci troppo. Vediamo di dare un senso a questa… questa… questa cosa.  Indietreggiate e siate pronti a tutto” – Se saremo ancora vivi per fare qualcosa, pensò nello stesso tempo mandando al diavolo Elon Mask – “Prima di aprire assicuriamoci che il portello esterno sia chiuso e che la camera stagna sia pressurizzata. Se “loro” respirano anidride carbonica e/o ossigeno è un problema loro, noi preoccupiamoci del nostro benessere”.

Il capo ingegnere si affrettò ad effettuare i controlli e assicuratosi che fosse tutto ok, aprì il portello interno.

Nella mente di Samantha passarono in un istante mille modi possibili perché andasse tutto storto. Si vide inghiottita da una massa informe tipo blob, polverizzata da una pistola laser, trasformata in un Borg.

Il portello interno si aprì e i due alieni entrarono dentro la base. Quello che aveva la scatola in mano, la tese verso Samantha e parlò telepaticamente a tutti:

Benvenuti alieni! Sono Grttts e questa è mia moglie Ferriz. Siamo i vostri vicini di casa. In realtà vi siete accampati nel nostro terreno, ma non importa: ce n’è a sufficienza per tutti da quando la nostra civiltà è stata costretta a trasferirsi nel sottosuolo. Ma questa è un’altra storia.

Immaginiamo abbiate bisogno di aiuto per stabilirvi qui, non avete che da chiedere. Ma prima le buone maniere. Non so come sia costume sul vostro pianeta, ma qui da noi è usanza che quando arriva un nuovo vicino, ci si presenti e si porti un dono”. Così facendo aprì la scatola e dentro c’era una bellissima torta con tanto di glassa e una scritta in perfetto terrestre: “Benvenuti Alieni”.