telescopio webb

Perché questo silenzio astronomico? Dopo vari articoli di astronomia, perché ho smesso di trattare l’argomento? Vari sono i colpevoli e tra questi anche il Gran Telescopio Canarias.

Il Gran Telescopio Canarias

Il silenzio astronomico che ho scelto di adottare in questo periodo (qualche mese dopotutto) è dovuto agli straordinari dati scientifici giunti dagli spazi interstellari. Tra sonde spaziali, satelliti e telescopi l’umanità ha inviato al di fuori dell’atmosfera centinaia di apparecchiature per indagare più in profondità lo spazio interstellare. Molteplici sono gli scopi di tale attività alla quale tutto il mondo scientifico si sta dedicando. Inoltre, tutte queste apparecchiature hanno varie basi di riferimento sulla superficie terrestre con le quali colloquiare e scambiare informazioni. Qui intervengono i grandi centri astronomici distribuiti un po’ dappertutto sulla superficie terrestre e tra questi c’è il Gran Telescopio Canarias, un telescopio riflettore avente un diametro di 10,4 m (attualmente il più grande del mondo se escludiamo i telescopi binoculari).

Questo telescopio finito di costruire nel 2006 si trova a La Palma (arcipelago Canario). Questo gigante tecnologico ha iniziato a produrre i primi risultati di un certo rilievo a partire dal 2009. Introdurre un pezzo così ingombrante nell’orchestra coordinata delle varie attività di ricerca, nonché registrare e collimare tutte le apparecchiature e i vari collegamenti tra i centri a terra e nello spazio non è stata cosa da poco. Tale strumento, però, non è solo, ha vari fratelli, maggiori come età, ma minori come potenzialità, che si trovano a Tenerife.

Gli Osservatori dell’Istituto di Astrofisica delle Isole Canarie – l’Osservatorio del Teide a Izaña (Tenerife) e l’Osservatorio del Roque de los Muchachos a Garafia (La Palma) – si trovano in due luoghi più privilegiati per le osservazioni astronomiche.

La storia contemporanea dell’astronomia canaria inizia con le spedizioni astronomiche del XIX secolo e di queste avremo modo di parlarne in un altro articolo.

Il mio silenzio astronomico: l’origine

Quando si tratta di raccontare qualcosa che riguarda la scienza è sempre consigliabile (io direi imperativo) essere corretti nell’esposizione per evitare malintesi di interpretazione. Così nei miei precedenti articoli ho raccontato sommariamente come funzionano le stelle e le galassie. Un breve excursus divulgativo sullo spazio esterno che ci circonda basato, comunque, sulle conoscenze fino a quel momento acquisite ed accettate dalla Comunità scientifica.

Non tutti sanno che le apparecchiature inviate al di fuori della nostra atmosfera ed a spasso nel cosmo hanno rilevato situazioni inaspettate ed inviato dati a dir poco sconvolgenti e da qui il mio silenzio.

I colpevoli (mandanti e mandatari) più responsabili che hanno rivoluzionato le attuali conoscenze cosmologiche sono:

Le scoperte, accertate senza ombra di dubbio, hanno messo in forte crisi tutto quanto da me conosciuto e considerato come la Bibbia dell’Astronomia. Un esempio: nel mio articolo nel quale parlavo del big bang avvenuto 13,8 miliardi di anni fa si fornivano dati considerati certi ed accettati da tutta la Comunità scientifica. Il telescopio spaziale Webb ha inviato informazioni circa l’esistenza di galassie ben formate la cui età risale a 13,5 miliardi di anni fa.

Domanda: come può una galassia formarsi in soli trecento milioni di anni (differenza tra 13,8 e 13,5 miliardi di anni) quando ci vogliono miliardi di anni per potersi formare?

Il mio silenzio astronomico: il fatto

Il 16 luglio 2023 (ore 18:43) comunicato ANSA: l’universo potrebbe avere il doppio dell’età stimata finora. Una nuova teoria ipotizza che abbia 26,7 miliardi di anni.

Quindi, l’età dell’Universo si è praticamente raddoppiata!

Sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, il fisico Rajendra Gupta dell’Università di Ottawa, in Canada scrive: le osservazioni dello spazio profondo del JWST (James Webb Space Telescope) hanno rilevato che la struttura e le masse delle galassie primordiali dell’Universo, in riferimento agli spostamenti verso il rosso (red shift), erano già esistenti e ben formate solo trecento milioni di anni dopo il Big Bang. Cioè sono state rilevate galassie che in trecento milioni di anni si sono evolute come altre che hanno impiegato cinque miliardi di anni per formarsi. I risultati del JWST, quindi, sono in forte contrasto con quelli del modello Λ-CDM universalmente accettato.

Molte cose non tornano e, pertanto, abbiamo sviluppato dei modelli ibridi che si possano conciliare con i nuovi dati trovati. Tali ipotesi si adattano egregiamente a tutti i nuovi dati attualmente disponibili e conformi con le osservazioni JWST. Tale teoria, però, allunga l’età dell’Universo a 26,7 miliardi di anni, dando abbastanza tempo per la formazione di galassie massicce e risolvendo il problema della galassia primordiale impossibile.

Quindi, l’universo potrebbe avere 26,7 miliardi di anni e non 13,8 miliardi come stimato finora!

Per anni astronomi e fisici hanno calcolato l’età dell’universo misurando il tempo trascorso dal Big bang e studiando le stelle più antiche basandosi sul red shift, cioè l’aumento della lunghezza d’onda della luce proveniente da galassie lontane.

Solo nel 2021 l’età dell’universo è stata così stimata a 13,798 miliardi di anni. Questa, però, che era la certezza della Comunità scientifica (anche la mia certezza) è stata messa in discussione da Matusalemme.

Matusalemme

HD 140283, soprannominata stella Matusalemme, è una stella povera di metalli, situata a circa 190 anni luce dalla Terra, appartenente alla costellazione della Bilancia.

Uno studio dell’astronomo Howard Bond ha stimato l’età della stella in circa 14,46 ± 0,8 miliardi di anni tramite gli interferometri del Telescopio Hubble. Questa stima non è in conflitto con l’età dell’Universo determinata dal satellite Planck in 13,798 ± 0,037 miliardi di anni, poiché 14,46-0,8 è uguale a 13,66 miliardi di anni, rendendo comunque possibile concludere che HD 140283 sia una delle stelle più antiche tra quelle attualmente osservabili.

Accurate determinazioni dell’età di stelle molto povere di metalli, come HD 140283 e quelle appartenenti agli ammassi globulari, possono porre un limite alle teorie cosmologiche sull’origine dell’Universo, ma possono anche fornire preziose informazioni sulla storia più recente del cosmo.

L’apporto del Gran Telescopio Canarias

Anche il telescopio canario di Las Palmas ha contribuito a suscitare varie perplessità. L’Istituto si Astrofisica delle Isole Canarie (IAC) sta lavorando in un importante lavoro internazionale.

Il 21 novembre 2023 lo IAC pubblica: un’indagine internazionale, condotta dallo IAC e dall’Università di La Laguna (ULL), insieme ad un gruppo di Università italiane, conferma un nuovo metodo per trovare protoammassi di galassie, le più grandi strutture dell’Universo primordiale. Questi progenitori degli attuali ammassi galattici sono essenziali per comprendere l’evoluzione dell’Universo, ma molto difficili da individuare.

Quindi, tutti a studiare l’Universo antico, dato che ormai si è aperta una nuova realtà, certamente ancora da verificare, ma che potrebbe veramente riscrivere i libri di astrofisica e non solo.

Come ricominciare

Il mio disagio è soprattutto dovuto alla particolare confusione che serpeggia negli ambienti scientifici in merito alle questioni che ho esposto. Raccontare alcune cose per poi vedermele annullate da nuovi dati in arrivo è cosa che mi turba non poco. E allora?

Possiamo solo seguire da vicino quello che sta succedendo, seguendo anche quotidianamente quello che lo IAC sta producendo nel campo dell’astrofisica e raccontarvi l’evoluzione di questa rivoluzione scientifica in tempo pressoché reale. Solo così potsso rompere il mio silenzio astronomico e ciò che si prospetta può veramente essere entusiasmante anche se forse dovremo imparare e rivedere tutto dalle basi.

Potremmo essere partecipi e spettatori delle anteprime di un possibile inizio di una nuova e meravigliosa avventura dell’uomo.

Fonte immagine: NASA