Il rapporto tra lo psicoterapeuta ed il paziente – 1a parte

ByFrancesca Romana Dottori

25 Maggio 2025
autodisciplina

Ogni rapporto relazionale si costruisce su un elemento basilare per la sua esistenza: la condivisione. Una relazione può esistere in ogni campo delle attività umane (emozioni, obiettivi, interessi), ma se non c’è la condivisione essa fallisce. Così anche la relazione tra psicoterapeuta e paziente.

L’autodisciplina dello psicoterapeuta

Il rapporto tra il professionista ed il paziente vive su un sentiero ben delimitato. È necessario, infatti, che il professionista abbia sviluppato la cosiddetta autodisciplina, una caratteristica fondamentale che occorre trasmettere al paziente per essere credibile. Solo così è possibile instaurare quel clima di fiducia necessario per il successo della cura.

A questa autodisciplina si arriva tramite l’esperienza ed un continuo percorso di terapia personale. Già, perché anche lo psicoterapeuta dovrà andare da uno psicologo.

L’autodisciplina è utile in molte aree della nostra vita. 

Ad esempio, è ciò che spinge a fare un lavoro di alta qualità anche quando non se ne ha voglia, è ciò che dà la forza di rimanere professionale con i propri clienti anche quando si vorrebbe gettare la spugna. In sostanza, aiuta a rispettare e raggiungere quegli obiettivi difficili che sono stati prefissati. 

L’autodisciplina è una capacità che solo l’uomo può assumere ed è una caratteristica estremamente complessa da accettare e che richiede molta fatica e dedizione per essere completamente maneggiata.

Essa consiste, in breve, nella capacità di mantenere una certa lucidità in circostanze difficili, usando una mente “saggia” disposta ad osservare le emozioni più cupe che possono portare spavento, accoglierle con benevolenza verso se stessi e lasciare che passino.

Ogni dolore, per quanto intenso, prima o poi cessa così come è iniziato. Se non cessa è perché siamo noi che lo stiamo amplificando, trasformandolo in sofferenza assumendo un rapporto errato.

Una mente saggia e una buona autodisciplina sono quindi due valori fondanti del lavoro di uno psicoterapeuta.

Lo psicoterapeuta dallo psicologo

Uno psicoterapeuta dovrebbe andare periodicamente dallo psicologo (o da un supervisore clinico) per diverse ragioni fondamentali, sia personali che professionali.

  • Lavorare con il dolore, il trauma e le emozioni degli altri può essere emotivamente impegnativo. Lo psicoterapeuta è prima di tutto una persona e ha bisogno di elaborare le proprie emozioni, stress o problemi personali, proprio come chiunque altro. La terapia personale aiuta a prevenire il burnout e favorisce l’equilibrio psicologico.
  • Problemi nel rapporto – Transfert: trasmissioni delle emozioni dal paziente allo psicoterapeuta. Il controtransfert avviene quando il terapeuta proietta emozioni personali sul paziente. Una supervisione regolare o una terapia personale permette di riconoscere e gestire questi fenomeni, che altrimenti potrebbero compromettere l’efficacia del trattamento.
  • In molti orientamenti psicoterapeutici e ordini professionali, la supervisione è un requisito etico. Prendersi cura del proprio benessere psicologico è parte integrante della responsabilità verso i propri pazienti. Inoltre, questo mantiene alto il livello di professionalità.
  • Un terapeuta che si prende cura di sé e si mette in discussione è anche un modello coerente per i pazienti: pratica ciò che predica, mostrando che cercare aiuto non è segno di debolezza, ma di maturità. In sintesi, è una forma di igiene mentale e professionale.

Gli elementi di una terapia

In una terapia ci sono alcuni elementi essenziali che costituiscono la base sulla quale costruire una sorta di alleanza tacita tra il paziente e lo psicoterapeuta.

Una volta individuati gli obiettivi da realizzare, questi vanno condivisi, cioè devono essere gli obiettivi da conquistare assieme.

Naturalmente, i percorsi e le azioni del paziente e dello psicoterapeuta, per essere utili, saranno vantaggiosi solo se i compiti da svolgere saranno condivisi e questo comporta come conseguenza la condivisione di un legame.

Quindi, lo psicoterapeuta deve essere disponibile a condividere le emozioni con un paziente.

Se questo non si verifica allora la relazione non è salda e c’è un evidente problema di fiducia e, pertanto, la terapia non funziona.

Ciò che, quindi, deve verificarsi è la cosiddetta alleanza terapeutica che consiste nei seguenti punti:

  1. mostrare empatia, comprensione e rispetto nei confronti del paziente;
  2. ascoltare attivamente e mostrare un interesse genuino per la storia e le sfide del paziente;
  3. comunicare in modo trasparente, stabilendo aspettative chiare e fornendo orientamento al paziente sul processo terapeutico.

Tra paziente e terapeuta la cura sta nella relazione.

Quindi, in conclusione, lo psicoterapeuta deve comprendere profondamente il paziente, vedere il mondo dal suo punto di vista e trasmettergli la sensazione di essere capito, esperienza che di per sé è terapeutica. Non deve giudicare il paziente, ma essere sempre dalla sua parte e avere fiducia nelle sue potenzialità.

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