poesie dedicate

Una rosa si strazia di lividi

(ai 5 lavoratori morti asfissiati dentro un cunicolo fognario

a Casteldaccia, in provincia di Palermo, il 6 maggio 2024)

Madre Nostra che sei nei cieli

accogli le nostre anime

uccise da nebbie d’escrementi

dentro un cunicolo buio;

sistema noi le viscere senza dolore

abbassaci le palpebre senza più fiato

incrocia le nostre mani sul petto che tace.

Epifanio Assazia, 71 anni

Giuseppe Miraglia, 50 anni

Roberto Ranieri, 50 anni

Ignazio Giordano, 59 anni

Giuseppe La Barbera, 26 anni

Condannati ad affondare nel silenzio

scompariamo nel gelido solco dell’ oblio

fuori qualcuno piange la nostra immolata assenza

avevamo un nome d’aria e armonia

ora siamo  l’edera che si aggroviglia alla memoria

non più presenti ai figli e alle madri.

Una rosa si strazia di lividi

frana, nel fango scivola

dentro il degrado della terra

l’odore del mio nome lacerato

ora sente il freddo della brina

non ho chiesto io di sentire

l’affilata lama della morte

né l’illusione fatua di un lento accadere

continuo a morire e muoio ancora

sul lavoro di lavoro…muoio e muoio ancora.

di Claudio Caldarelli

Cifre da capogiro, che colpiscono le famiglie più povere, a morire di lavoro o rimanere offesi dal lavoro, sono gli operai, i contadini, cioè coloro che hanno bisogno di lavorare, anche in condizioni precarie, per far mangiare la famiglia. Infatti la fame si nutri di cadaveri delle vittime con buona pace di tutti i politici che parlano a vuoto senza incidere sul numero delle vittime. 

Allora il Primo Maggio non festeggiamo, ma piangiamo i morti sul lavoro, il dolore dei sopravvissuti, ed il grido delle madri che perdono i loro figli vittime di omicidi senza assassini colpevoli o condannati. I lavoratori muoiono i loro assassini bevono champagne e girano in Porche, anche il Primo Maggio.

Un epitaffio per non dimenticare.