I pianeti del nostro Sistema Solare sono tornati ad essere oggetto di uno studio più attento grazie all’acquisizione di nuove tecnologie osservative. Lo studio della loro composizione potrebbe fornirci importanti indicazioni sulla formazione dei sistemi planetari sparsi nel nostro Universo.
I pianeti più a portata di mano sono, naturalmente, i nostri vicini, quelli che costituiscono il Sistema Solare.
Cerchiamo di dare una definizione di pianeta. Ancora non esiste una descrizione precisa ed esaustiva e allora limitiamoci a considerare le sue principali proprietà. La sua fondamentale caratteristica è quella di orbitare attorno ad una stella. Inoltre non emettere una luce propria (non emette radiazioni elettromagnetiche) e, quindi, non produce energia tramite la fusione nucleare, come avviene invece per le stelle.
La forma sferoidale che assume è dovuta principalmente dall’azione delle forze gravitazionali della stella sulla materia non ancora del tutto solidificata dei pianeti
Formazione dei pianeti e dei sistemi planetari: pianeti rocciosi
Il modello maggiormente accettato dalla comunità scientifica per spiegare la formazione dei sistemi planetari è il modello della nebulosa solare. Esso fu formulato originariamente, come si può capire dal nome, per spiegare la formazione del sistema solare.
Il modello standard della formazione stellare, indica la nascita di una stella come evento che scaturisce attraverso il collasso di una nube molecolare. Il prodotto che ne consegue è la protostella. Non appena la stella nascente conclude la fase protostellare, innesca le reazioni nucleari dell’idrogeno e diventa una stella.
Le parti esterne alla stella diminuiscono la temperatura, permettendo la formazione di piccoli grani di polvere di roccia (prevalentemente silicati) e ghiacci di varia natura. Questi a loro volta possono fondersi tra loro per dar luogo a blocchi di diversi chilometri detti planetesimi.
Se la massa residua del disco è sufficientemente grande, in un lasso di tempo astronomicamente breve (100.000–300.000 anni) i planetesimi possono fondersi tra loro. Tali fusioni danno luogo a embrioni planetari, detti protopianeti. Questi, in un tempo compreso tra 100 milioni e un miliardo di anni, vanno incontro a una fase di violente collisioni-fusioni con altri corpi simili. Il risultato sarà la formazione, alla fine del processo, di alcuni pianeti terrestri.
Formazione dei pianeti e dei sistemi planetari: pianeti gassosi
La formazione dei giganti gassosi è invece un processo più complicato. Questi possiedono una massa superiore e sono in maggior numero rispetto ai protopianeti esclusivamente rocciosi.
L’accumulo di gas da parte del nucleo protopianetario è un processo inizialmente lento, che prosegue per alcuni milioni di anni fino al raggiungimento di circa 30 masse solari. Successivamente subisce un’imponente accelerazione che lo porta in poche migliaia di anni ad accumulare il 90% di quella che sarà la sua massa definitiva. I protopianeti che non sono stati inglobati dai pianeti son potuti diventare loro satelliti, in seguito a un processo di cattura gravitazionale, o hanno mantenuto un’orbita eliosincrona raggruppati in fasce con altri oggetti simili, diventando pianeti nani o altri corpi minori.
Gli impatti con i planetesimi, così come il decadimento radioattivo dei loro costituenti, hanno riscaldato i pianeti in formazione, causandone una parziale fusione. Ciò ha permesso che il loro interno si sia differenziato conducendo alla formazione di un nucleo più denso, di un mantello e di una crosta. Nel processo, i pianeti terrestri, più piccoli, hanno perduto la maggior parte della loro atmosfera. I gas perduti sono stati in parte reintegrati da quelli eruttati dal mantello e dagli impatti di corpi cometari. I pianeti più piccoli in seguito hanno continuato a perdere la propria atmosfera attraverso vari meccanismi di fuga.
Gli otto pianeti del sistema solare
L’insieme dei corpi che rientrano nella zona di influenza gravitazionale del Sole è costituito dagli 8 pianeti principali (in ordine di distanza dal Sole: Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano, Nettuno) e dai loro satelliti, da Plutone (dal 2006 classificato dalla Unione Astronomica Internazionale pianeta nano), dagli asteroidi (o pianetini), dalle comete, da una miriade di corpi piccoli e piccolissimi (meteoroidi, polvere) e da materia gassosa diffusa (vento solare.). Il Sistema soloare non termina all’orbita del pianeta più lontano: infatti, il vento solare permea una cavità (l’eliosfera), che si estende fino a distanze di 100-1000 UA (unità astronomiche) dal Sole, mentre le comete si addensano nella nube di Oort, un guscio sferico, con centro nel Sole e raggio di ≃50.000 UA. Le dimensioni del Sistema solare sono dunque dell’ordine di 1/20 della distanza che separa il Sole dalla stella più vicina (Proxima Centauri).
Dallo studio dei pianeti del nostro sistema si è scoperto che la metallicità, ovvero l’abbondanza di elementi più pesanti dell’elio, è un parametro importante nel determinare se una stella possegga o meno pianeti: si ritiene che sia meno probabile che una stella povera di metalli, appartenente alla popolazione stellare II, possa essere circondata da un sistema planetario articolato, mentre le probabilità aumentano per le stelle ricche di metalli, appartenenti alla popolazione stellare I.
Ogni pianeta, pur nella propria unicità, condivide con gli altri delle caratteristiche comuni; alcune di queste, come la presenza di anelli o satelliti naturali, sono state osservate solo nel sistema solare; altre invece, quali l’atmosfera, sono comuni anche ai pianeti extrasolari.
Differenziazione interna
Ogni pianeta ha iniziato la sua esistenza in uno stato fluido; nelle fasi iniziali della sua formazione i materiali più densi e più pesanti sono affondati verso il centro del corpo, lasciando i materiali più leggeri in prossimità della superficie. Ogni pianeta ha quindi un interno differenziato, costituito da un nucleo denso circondato da un mantello, che può presentarsi allo stato fluido.
I pianeti terrestri sono sigillati all’interno di una crosta dura, mentre nei giganti gassosi il mantello si dissolve semplicemente negli strati nuvolosi superiori.
I pianeti terrestri posseggono nuclei di elementi ferromagnetici, quali ferro e nichel, e mantelli di silicati. Si ritiene che Giove e Saturno posseggano nuclei composti da rocce e metalli, circondati da idrogeno metallico.[46] Urano e Nettuno, più piccoli, posseggono nuclei rocciosi, circondati da mantelli composti da ghiacci d’acqua, ammoniaca, metano e di altre sostanze volatili.[47] I moti dei fluidi in prossimità dei nuclei planetari determina l’esistenza di un campo magnetico.[45]
Differenziazione gravitazionale
Per differenziazione gravitazionale si intende un processo che porta gli elementi costitutivi di un corpo celeste autogravitante in formazione ad agglomerarsi secondo diversi livelli, a seconda della propria natura fisica. Nella fattispecie, gli elementi più densi (principalmente i metalli), a causa della loro maggiore forza peso (e quindi a causa della forza di gravità), tenderanno a stabilizzarsi nella zona centrale del corpo; viceversa, gli elementi meno densi si disporranno nelle zone più superficiali.
Questo è possibile in quanto un corpo celeste in formazione, a causa delle forti forze gravitazionali e del decadimento radioattivo di alcuni metalli che lo compongono, presenta una temperatura elevatissima alla quale gli elementi fondono e sono quindi più mobili. La differenziazione si verifica maggiormente nei corpi sferici o tendenzialmente sferici (nei quali gli effetti autogravitazionali sono più pronunciati); ne è una prova il fatto che gli oggetti piccoli e dalla forma irregolare, come gli asteroidi, presentino grandi quantità di metalli anche nelle zone superficiali.
Differenziazione chimica
Sebbene la maggior parte dei materiali si differenzi in base alla propria densità, gli elementi che sono chimicamente legati tra loro si differenziano in base alle loro affinità chimiche, “trasportati” dai materiali più abbondanti ai quali sono legati. Per esempio sulla Terra, sebbene l’elemento uranio puro sia molto denso, in tracce è più compatibile chimicamente con gli elementi leggeri come i silicati, per questo motivo è più diffuso nella crosta terrestre che nel nucleo metallico.