Mu, il continente scomparso è veramente esistito? vediamo di scoprirlo.
Come abbiamo visto nell’articolo precedente, dove vi parlavo di Lemuria, non basta basarsi su ipotesi anche scientifiche, per comprovare l’esistenza di un continente scomparso. Abbiamo visto infatti come nuove scoperte, nuove teorie, con basi altrettanto scientifiche, possano apportare nuove evidenze in grado di ribaltare le conclusioni, assolutamente in buona fede, a cui si era arrivati precedentemente. C’è bisogno di prove schiaccianti e irrefutabili.
Nel caso specifico di Lemuria, la deriva dei continenti spiega perfettamente l’esistenza dei Lemuri in località separate da distanze enormi come Madagascar, India e Australia, senza dover scomodare un intero continente.
Vediamo di capire adesso quanto di vero ci possa essere invece nell’esitenza del continente scomparso chiamato MU.
L’origine della leggenda
Tutto nasce dalla traduzione del “Codice Troano”, un manoscritto Maya arrivato sino a noi per opera di un monaco spagnolo, Diego de Landa, che divenne poi anche vescovo dello Yukatan, nella seconda metà del ‘500.
Nell’operazione di “cristianizzazione” del nuovo mondo, questo monaco fece distruggere i testi maya accusandoli di “superstizione e invenzioni diaboliche”. Successivamente, forse spinto da sensi di colpa, cercò di studiare e tradurre i testi ancora disponibili.
Il monaco creò una sorta di vocabolario assegnando ai simboli maya singole lettere (come quelle usate nelle lingue occidentali). Ignorava però che i simboli maya in realtà erano “logogrammi”, ovvero simboli a cui corrisponde un’intera parola e non una singola lettera.
Alla luce dei fatti, possiamo affermare che la sua tavola di conversione sia come minimo incompleta. Questo vocabolario venne comunque pubblicato nella sua voluminosa opera chiamata “Codice Tro-Cartesiano o di Madrid”.
Questo trattato andò perduto. Nel 1864 un altro uomo di chiesa, l’Abate Charles Etienne Brasseur, ne rinvenne presso la Biblioteca dell’Accademia Storica di Madrid una versione ridotta.
Affascinato dal contenuto, provò a tradurre i testi maya utilizzando questa tavola comparativa.
Dalla sua traduzione del Codice Troano, per lo più senza senso ed incoerente per il motivo che abbiamo detto prima, potè tuttavia ricavarne alcuni accenni ad una ipotetica terra posta nell’attuale Oceano Pacifico, tra Americhe, Asia ed Oceania, che era sprofondata a seguito di un cataclisma.
Le origini del nome “MU”
Ancor più fantasiosa fu l’assegnazione del nome di questa terra scomparsa. Brasseur trovò due simboli sconosciuti nel codice che non erano stati tradotti dal de Landa. Per farlo, utilizzò quelli del vocabolario del vescovo più simili, e questi diedero como risultato le lettere “m” ed “u”. Da questo indizio, a dir poco labile, ne dedusse che il nome della terra dovesse essere “MU”. Lascio ad ognuno di voi il commento.
Per dovere di cronaca, devo aggiungere che non esistono altre prove concrete dell’esistenza di questo continente in nessuna delle culture protostoriche antecedenti al momento della divulgazione della sua esistenza nel 1864 da parte dell’Abate Brasseur.

A rinvigorire il mito di MU ci pensò un colonnello dell’esercito britannico in pensione nei primi del ‘900, tale James Churchward, che scrisse nel 1926 il libro “MU: il continente perduto”. Questo personaggio, definito come scrittore e viaggiatore, afferma nel suo libro che durante la sua visita in India alla fine dell’800, ebbe modo di vedere alcune tavolette d’argilla (Le tavolette dei Naacal) custodite in un tempio indiano, e portatevi dai superstiti di MU prima che questo si inabissasse. Churchward fornisce nel suo libro addirittura una trascrizione dell’alfabeto MU ricavato da queste tavolette.
L’unico problema è che nessuno ha mai più visto queste tavolette dopo di lui e quindi non se ne può dimostrare l’esistenza.
Conclusioni
Come nel caso di Lemuria, anche per MU dobbiamo, in tutta onestà, dubitare che sia mai esistito. Questo non ha fermato ovviamente tutta una serie di personaggi dall’affermare di avere le prove della sua esitenza. A volte si tratterrebbe di testi amerindi, altri di testi cinesi, altri indiani, altri derivanti da esperienze esoteriche.
La prossima settimana parleremo di Atlantide e vedremo se anche questo continente è frutto delle teorie strampalate di qualche personaggio, anche in buona fede, o se vi siano prove scientifiche della sua esistenza.
Alla prossima
Lunga vita e prosperità
Giampiero Sorce