E se… e se tutta l’erba del mondo morisse?
Morte dell’erba è un romanzo distopico di John Christopher, uno dei padri fondatori della Fantascienza a metà tra il romanzo di sopravvivenza e il romanzo sociologico.
Se torno a parlare della Fantascienza d’oltre manica, come fatto in Megalopolis 2073, Effetto valanga e La corsa del manichino, è per sottolineare la singolare attitudine che sembrano avere gli autori inglesi a descrivere a tinte fosche il nostro futuro.
Sarà forse un effetto della perenne nebbia che avvolge la loro terra?
L’autore
John Christopher pseudonimo di Sam Youd, è stato uno degli scrittori di fantascienza inglese tra i più prolifici. Oltre che come Samuel Youd e Christopher Youd, ha scritto anche sotto gli pseudonimi di Stanley Winchester, Hilary Ford, William Godfrey, Peter Graaf, Peter Nichols e Anthony Rye.
Non dobbiamo stupircene. Anche E.C.Tubb, l’autore del già citato La corsa del manichino, ad esempio, usava una varietà simile di pseudonomi per scrivere di fantascienza e di western.
Morte dell’erba non è il suo unico romanzo apocalittico o post-apocalittico, di sicuro è quello che lo ha reso famoso. Ha continuato poi a scrivere altri capolavori come “… e venne una cometa”, una ruga sulla Terra”, “il piccolo popolo”, la quadrilogia sui “tripodi” e tanti altri.
Ci ha lasciati nel 2012, anche lui novantenne.
Il suo ultimo romanzo lo ha scritto a ottant’anni e, neanche ci sarebbe da dirlo, come morte dell’erba, è un romanzo apocalittico: Bad Dream.
In breve: nel prossimo futuro intrattenimento e potere sono diventati indistinguibili. La realtà virtuale è diventata la forma di intrattenimento predominante per le masse: con casco, guanti e programmi software adeguati possono trascorrere il loro tempo libero in mondi fantastici.
Una società ha sviluppato Total Virtual: il sognatore giace privo di sensi mentre i mondi fantastici vengono vissuti, non attraverso casco e guanti, ma tramite input diretti al cervello.
Ma torniamo a Morte dell’erba.
Il romanzo
Siamo nell’Inghilterra post Seconda Guerra Mondiale. La vita sembra aver ripreso il suo corso normale quando dall’Estremo Oriente arriva la notizia che un virus sta uccidendo le graminacee: grano, mais, riso, tutti i tipi di erba… con tutte le conseguenze del caso.
L’Occidente si mobilita per mandare aiuti alimentari alle popolzioni colpite dalla carestia, ma la situazione inizia a precipitare e il contagio si diffonde in tutto il pianeta.
Le nazioni che mantengono in qualche modo il controllo, interrompono gli invii e conservano le scorte alimentari per assicurare la sopravvivenza dei propri cittadini. Il futuro è legato esclusivamente alla speranza di trovare prima o poi un vaccino.
In questo scenario apocalittico anche l’Inghilterra viene abbandonata dai suoi alleati e la regole della civiltà si sgretolano cedendo il posto all’anarchia e alla legge del più forte.
il romanzo è il resoconto della fuga da Londra di due famiglie per raggiungere un luogo sicura dove attendere che gli scienziati trovino come combattere il virus e si torni alla normalità.
Conclusioni
La morte dell’erba al suo esordio “fu subito un best-seller sulle due rive dell’Atlantico e fece salire, si dice, le vendite di armi da difesa personale.” come recita la quarta di copertina del nº 476 di Urania in mio possesso.
Ed è proprio questo aspetto del romanzo che mi ha lasciato più perplesso. Lo scenario descritto da John Christopher sembra più consono al farwest americano piuttosto che alla sonnolenta e nebbiosa brughiera inglese.
Per il resto la lettura scorre veloce ed avvincente. Anche l'”evoluzione” psicologica del protagonista è ben progettata e descritta al punto che il lettore non può che considerarlo “uno di noi”. Niente a che vedere con lo stereotipo americano del super macho, del rambo della situazione, del “penso a tutto io!”.
Con questo romanzo concludo il mio breve excursus sulla Fantascienza sociologica. Nel prossimo articolo tornerò a parlare di quella che invece è la “space opera” per eccellenza, quella in cui “… ti tuffi tra le galassie e ne esci coperto di polvere di stelle!”
Lunga vita e prosperità
Postscriptum
Questo capolavoro non faceva parte della mia collezione fino poche settimane fa. Confesso: ne ignoravo perfino l’esistenza, pur avendo letto altri romanzi di John Christopher.
Debbo perciò ufficialmente ringraziare l’amico Francesco Lattanzi che me ne ha fatto dono e me lo ha fatto scoprire.
Grazie e a presto amico mio.