Viaggio interstellare nella solitudine dell’uomo moderno
“Spesso, il messaggio più urgente non è quello che portiamo, ma quello che speriamo qualcuno ascolti.”
Messaggio per Plutone, il romanzo scelto per voi oggi, lo trovai come quasi tutti i miei libri, in una bancarella di testi usati. E fu subito amore.
Si, perchè c’era un tempo, nella storia della letteratura, in cui guardare le stelle non significava solo sognare, ma interrogarsi profondamente su chi siamo. Era l’epoca in cui la fantascienza si affacciava sulle librerie come una lente d’ingrandimento puntata sull’animo umano, più che sul cosmo. Messaggio per Plutone, pubblicato nel 1959 da Donald A. Wollheim sotto lo pseudonimo di David Grinnell, nasce esattamente in quel contesto.
La trama, in superficie, è semplice: un uomo comune, travolto dal caso, si ritrova portatore di un messaggio destinato a Plutone. Da lì, il viaggio. Lo spazio profondo, la scoperta, l’incontro con altre forme di vita. Ma tra le righe si legge molto di più. C’è la solitudine di un individuo catapultato in un universo che non comprende fino in fondo, la fatica dell’adattamento, la sensazione costante di inadeguatezza di fronte all’immensità dell’ignoto.

Il romanzo non è solo un’avventura, e che avventura! È un pretesto narrativo per esplorare la condizione esistenziale dell’uomo moderno, quello che, nel boom tecnologico del secondo dopoguerra, iniziava a sentire il peso della propria piccolezza. Plutone, lontano e gelido, diventa metafora di quella parte di noi che non sappiamo raggiungere, ma che pure ci chiama.
Dal punto di vista stilistico, Messaggio per Plutone riflette i canoni della fantascienza classica degli anni ’50: dialoghi essenziali, descrizioni a volte ingenue, tecnologie immaginate senza il supporto della scienza attuale. Ma è proprio in questa ingenuità che risiede la sua forza. C’è una purezza nell’immaginazione, un’assenza di cinismo, che oggi quasi commuove e lo rende gradevolissimo, al punto da costringerti a non interromperne la lettura per sapere come andrà a finire.
Non mancano i difetti, certo. Alcune sequenze risultano datate, e il ritmo, per il lettore contemporaneo, può apparire incostante. Ma val la pena considerare che l’autore era anche un editore e promotore culturale, una delle figure chiave nella diffusione della fantascienza in America. Messaggio per Plutone è, in fondo, una dichiarazione d’amore al genere stesso.
E oggi, a distanza di decenni, ci si chiede: il messaggio che quell’uomo portava su Plutone, era davvero destinato a un’altra civiltà?
O era solo un grido lanciato nello spazio, nella speranza che qualcuno — chiunque — rispondesse?
Lunga vita e prosperità. 🖖
Giampiero Sorce