Le navi di Caligola, cosa sappiamo e cosa ci sfugge.
Come vi avevo anticipato nel precedente articolo dedicato alla memoria del mio amico l’Architetto di Genzano di Roma Giuliano Di Benedetti, eccomi qui a parlarvi del mistero che avvolge le navi dell’Imperatore Caligola.
Innanzi tutto, chi era Caligola?
Un pazzo o un personaggio scomodo?
Gaio Giulio Cesare Augusto Germanico, regnante dal dal 37 al 41 dC con il nome di Gaio Cesare ma meglio conosciuto appunto con il soprannome di Caligola. Membro della gens julio-claudiae, è stata una delle figure più controverse della dinastia imperiale dopo Tiberio.
Non ci sono rimasti molti documenti su di lui perchè fu vittima della damnatio memoriae voluta dalla classe senatoriale. Quella stessa classe sociale che si era vista togliere molti dei privilegi acquisiti negli anni.
Fu Caligola a ridurre l’imposta sul valore aggiunto. Questa operazione facilitava il popolo aumentando il potere d’acquisto dei loro salari, ma diminuiva le entrate dei nobili, che detenevano il controllo del commercio.
D’altro canto, l’imperatore destinò la maggior parte del patrimonio ereditato dal suo precedessore Tiberio per la realizzazione di opere pubbliche, per donazioni di denaro e cibo al popolo e per l’allestimento di giochi.
I suoi detrattori, probabilmente anche mandanti del suo assisinio, fecero scomparire tutti i riferimenti letterari che lo riguardavano. Degli Annales di Tacito, ad esempio, sono andate persi gli anni dal 37 al 41…
Di lui conosciamo solo ciò che ci riferisce Svetonio nelle sue “vite dei Cesari”.
Svetonio, guarda caso, apparteneva a quella classe dirigente che gli era avversa, ragion per cui possiamo, anzi dobbiamo, dubitare molto sulla sua imparzialità.
Iside e Diana
A Caligola, tra le altre stramberie, fu anche attribuita quella di voler scimmiottare i monarchi orientali ellenistici, gli stessi che avevano in disprezzo la classe senatoriale.
Fu proprio questo amore per l’Oriente che forse fu alla base della sua decisione di realizzare un tempio dedicato alla Dea Iside, ovvero a Diana.
Il culto di Iside infatti era associato a quello di Diana già in tempi ellenistici. Ce lo provano le raffigurazioni con cui veniva spesso rappresentata.
Nell’iconografia classica infatti vediamo una donna con la falce di luna crescente e l’arco, simboli di Diana, e il sistro di Iside. Questo era uno strumento rituale, costituito da una lamina metallica a ferro di cavallo trapassata da tre o quattro asticciole mobili. Retto da un manico diritto, quando veniva agitato, produceva un caratteristico suono dovuto alle asticciole che sbattevano contro la lamina, .
La scelta del Lago di Nemi quindi non fu casuale. Nel territorio di Nemi si trova il “bosco sacro” e il tempio dedicato a “Diana Nemorensis“. Oggi purtroppo ne vediamo e ne possiamo visitare solo una parte poichè una campagna di scavi stravolgerebbe la topografia del luogo.
Il culto era praticato già in epoca pre-romana e qui venivano i rappresentanti della Lega Latina a sancire trattati e armistizi.
Le tre navi
Lui era convinto che le navi fossero tre e non solo due, ovvero quelle riportate alla luce durante il ventennio fascita e oggi esposte nel Museo delle Navi di Nemi.
Giuliano basava questa affermazione sugli studi approfonditi che aveva fatto e sulle evidenze risultanti dalle ricerche effettuate negli ultimi anni della sua vita, direttamente là dove era convinto giacesse il relitto della terza nave.
Questa convinzione era altresì confortata dalle sue intuizioni sulla forma del tempio dedicato alla Dea egizia che, secondo la sua visione, doveva ricordare l'”Occhio di Iside“.
Le navi, come ho avuto modo di dire anche precedentemente, erano in realtà delle chiatte di meravigliosa fattura, realizzate con tecniche costruttive di ingegneria navale che lasciano stupefatti.
Queste vere e proprie opere d’arte, sostenevano edifici e colonne, tutto rigorosamente in marmo.
Poste nel centro del Lago e raggiungibili quindi solo in barca, rappresentavano il culmine di un “cammino iniziatico” per giungere al cuore della terza nave: l'”occhio”.
Sulla terza nave c’era un tempio circolare: l'”iride” dell’occhio. Secondo gli studi di Giuliano, la “pupilla” posta al suo centro era una sorta di “portale“. Attraverso questo portale, l’iniziato poteva entrare in contatto con gli Dei.
Questo portale si troverebbe tutt’ora sepolto sotto il lago di Nemi, là dove Giuliano Di Benedetti ci ha lasciato memoria.
Oggi la sua eredità è stata raccolta dall’associazione “L’Arco di Diana” che si è caricata dell’onere e dell’onore di portare avanti il suo ricordo. Se volete potete approfondire il discorso sulla pagina culturale Terza Nave di Caligola.
Le due navi finora riportate alla luce sono esposte al Museo delle Navi di Nemi, o per lo meno ciò che ne resta o è stato ricostruito dopo un incendio appiccato da malintenzionati alla fine della seconda guerra mondiale.
Conclusioni
La mia breve disquisizione sulle navi di Caligola termina qui.
Vi ricordo che per la Scienza ciò che non è provato resta solo una ipotesi, magari affascinante, ma sempre una ipotesi.
Il merito di Giuliano Di Benedetti è stato quello di cercare le prove delle sue ipotesi. Speriamo che il suo sforzo non cada nel dimenticatoio.
Alla prossima
Lunga vita e prosperità
Giampiero Sorce
N.B.: Le immagini delle navi di Caligola sono state generate dall’Intelligenza Artificiale di Bing alla precisa domanda: disegna le navi di Caligola nel Lago di Nemi