Il seguito non ufficiale di Pianeta Tschai
Pianeta Tschai di Jack Vance è una quadrilogia scritta tra il 1968 e il 1970 e pubblicata da Arnoldo Mondadori Editore nel 1971, in un unico volume, come supplemento ai Classici fantascienza nº 12, curata all’epoca da Carlo Fruttero e Franco Lucentini.
Il volume comprende perciò i quattro titoli: Naufragio su Tschai (1968), Le insidie di Tschai (1969), I tesori di Tschai (1969) e Fuga da Tschai (1970) e fa parte di quel filone della Fantascienza chiamato “planetary romance“. È questo un sottogenere della “Space Opera”, in cui l’ambientazione è un pianeta sconosciuto, lontano dalla Terra e popolato da specie aliene, in cui il o i protagonisti sono protagonisti di avventure, spesso riconducibili allo stereotipo della conquista del west americano.
Pianeta Tschai, infatti, è un romanzo ricco di avventura e colpi di scena e che sembra un trattato di etnologia per come le varie specie che convivono sul pianeta vengono descritte nella loro fisiologia e nella loro cultura. Un affresco che non ha nulla da invidiare a quello di altri Autori che si sono cimentati in un tale approccio, creando intere civiltà dal nulla. Penso a Frank Herbert con il suo ciclo sul pianeta Dune, o a Anne McCaffrey con la saga dei Dragonieri di Pern.
Pianeta Tschai
Il nostro protagonista è Adam Reith, unico sopravvissuto dell’astronave naufragata su Tschai, venuto in soccorso dalla Terra in risposta ad un messaggio di aiuto inviato da Tschai duecento anni prima. Nel tentativo di tornare sulla Terra, incontrerà, si scontrerà e supererà tutti gli ostacoli che le specie aliene che vivono sul pianeta gli porranno sulla via del ritorno.
Nel ciclo troviamo descritte con dovizia di particolari le razze aliene dei DirDir, dei Chasch (a loro volta verdi o blu), dei Wankh e dei Pnume e non solo. Infatti ciascuna di queste civiltà, in lotta tra loro per il dominio su Tschai, ha sviluppato sub-culture specifiche schiavizzando gli esseri umani che Adam Reith ritiene essere i discendenti degli uomini rapiti molti secoli prima dalla Terra.
Reith si convince che furono proprio i primi umani rapiti e trasportati su Tschai gli autori, in qualche modo, del messaggio d’aiuto inviato a suo tempo. Così oltre al desiderio legittimo di ritornare a casa, Reith sente l’obbligo di tornare per avvertire del pericolo che corre la Terra ora che le razze aliene sanno della capacità dei terrestri di viaggiare tra le stelle.
Fin qui la trama in grandi linee di Pianeta Tschai, però… si, c’è un però! Adam Reith riuscirà a procurarsi un passaggio per la Terra, scusate lo spoiler, ma poi che succede? Jack Vance non ce lo dice e a noi lettori resta l’amaro in bocca perchè in realtà il romanzo non ha una conclusione. Anzi, interrompendosi così, sembra quasi che Vance non abbia perso l’estro per continuare.
Questa delusione credo l’abbiano provata tutti i lettori di Pianeta Tschai.
Compresa Ambra Mattioli, di cui vi ho già parlato in altre occasioni, come ad esempio nell’articolo su la Donna che cadde sulla Terra e Simbionte.
Allora facciamo un passo indietro di qualche anno.
Genesi di un romanzo
Parliamo del 1981. Ambra Mattioli legge Pianeta Tschai e rimane anche lei delusa del finale. Allora comincia a pensare come potrebbe essere andata al ritorno sulla Terra di Adam Reith.
In quegli anni fa la centralinista e tra una risposta e l’altra alle telefonate dei clienti, scrive. Scrive su qualsiasi pezzo di carta gli passi tra le mani. Li conserva, li organizza per poi trascriverli in bella copia senza revisionare nulla. Conserva i nomi dei personaggi, dei luoghi e delle razze aliene. Impiega circa un anno per terminare il tutto e lo propone alla Mondadori inviando capitolo dopo capitolo ridotto in sinossi, ma senza ottenere risposta. Passano due anni ed esasperata per la mancanza di novità, parte per Milano per proporre personalmente la sua fatica. Si traveste da David Bowie come nel film “l’Uomo che cadde sulla Terra” e si presenta all’ufficio del signor Tosello, allora dirigente della Mondadori, affermando di avere un appuntamento. Riesce a essere ricevuta e, confessato l’inganno, provoca l’ilarità e l’interesse del Sig. Tosello che prende in consegna il romanzo e promette di farlo valutare.
Le faremo sapere…
Qualche settimana dopo arriva una telefonata: il libro era stato accettato e anzi era molto piaciuto e doveva tornare a Milano per firmale le pratiche relative alla sua pubblicazione. L’invito uffiaciale però non arriva, arriva invece qualche tempo dopo una lettera in cui la Nuova Redazione della Mondadori non riconosceva lgli impegni della precedente. A quel punto prova a contattare Fruttero e Lucentini, che erano stati i curatori di Urania fino a pochi giorni prima. Riesce a parlare al telefono con Fruttero e questi, pur confermando l’apprezzamento per il suo lavoro, le confessa che non hanno i mezzi, con la nuova casa editrice con cui collaborano, per poter pubblicare un romanzo che necessiti una costosa operazione di copyright.
Sebbene a malincuore, Ambra si arrende e chiude il suo manoscritto in un cassetto.
La Terra degli Altri
Arriviamo al 2020. Complice anche il LockDown, Ambra riprende in mano il manoscritto e decide di pubblicarlo a sue spese pur di darlo alla luce. Per evitare denunce di violazione di copyright, cambia il nome di Tschai in Considjar e Adam Reith diventa Alec Byrne. Anche le razze aliene e gli altri protagonisti del romanzo cambiano nome, ma chiunque legga La Terra degli Altri non ha dubbi: è il finale di Pianeta Tschai che si aspettava di leggere da 50 anni!
Basta leggere la quarta di copertina per non avere dubbi:
“La terra degli altri Alec Byrne è l’unico sopravvissuto allo schianto del suo vascello sul turbolento Considjar, dominato da quattro razze aliene in lotta tra loro per il predominio del pianeta. Dopo anni di peripezie e di scampati pericoli, Alec e quattro compagni, intraprendono un viaggio fortunoso a bordo di un vascello rubato, verso l’agognato Pianeta Terra.
Per Alec Byrne è certamente il ritorno a casa ma per gli altri, nativi di Considjar, dove l’umanità è confinata all’ultimo posto della gerarchia sociale, il viaggio – un salto nel buio – rappresenta la possibilità di riscatto da una vita di miserie, violenza e soprusi: l’ultima chance per un’esistenza finalmente da uomini liberi.”
La Terra degli Altri non delude il lettore e il suo finale, sebbene nello stile sempre un po’ intimistico e trascendentale di Ambra Mattioli, è un finale. Punto.
Spero di avervi invogliato a leggerlo perchè vi assicuro che ne vale proprio la pena. Potete procurarvene una copia su Amazon sia in formato e-book che cartacea a questo indirizzo.
Precisazione
Se avete il sospetto che io sia di parte, ebbene ve lo confermo! La mia stima per Ambra Mattioli, performer, musicista, scrittrice, ebanista e cuoca non teme confronti, nemmeno con il mio amatissimo Signor Spock, con il cui augurio vi saluto come sempre:
Lunga Vita e Prosperità
Foto di Giampiero Sorce dalla sua collezione privata