La sindrome di Diogene è un disturbo psicologico-comportamentale, tipico delle persone anziane e si manifesta quando il paziente ha subito uno shock grave oppure a causa di disturbi cognitivi e/o demenza.

Alcune sindromi sono alquanto comuni, mentre altre decisamente più rare, sono particolarmente curiose, perché si verificano solo in determinati paesi o circostanze.

Nella maggioranza dei casi sono indotte da traumi, sono legate ad altre patologie, psichiatriche o fisiche, oppure rappresentano reazioni non ordinarie ad alcuni eventi.

La sindrome di Diogene

Un disturbo psicologico-comportamentale, tipico soprattutto degli anziani, individuato per la prima volta nel 1975. Questi, a un certo punto della loro vita, smettono di curare la propria igiene personale e anche la propria salute. Conosciuta anche come sindrome dello squallore domestico o senile, può associarsi ad un altro disturbo, quello da accumulo.

Questa sindrome è causata generalmente da uno shock particolarmente grave, come la morte di una persona cara, ma anche da disturbi cognitivi e demenza.

La Sindrome di Diogene prende il nome dal filosofo greco ( IV secolo a.C.). Egli predicava una vita ritirata e semplice basata sullo stretto necessario alla sopravvivenza.

Il caso

Una signora si presentò col padre che, da quando perse la sua compagna (la moglie era morta vent’anni prima), era entrato in un forte stato depressivo. Dopo qualche giorno dalla morte della compagna, la figlia nel far visita al padre, notava una certa forma di disordine nella casa, documenti sparsi sulle poltrone, fotografie raccolte in buste di plastica penzolanti dalle maniglie delle porte e soprattutto una certa trasandatezza nell’aspetto del genitore.

Col tempo la situazione andò sempre peggiorando. A quella descritta si aggiunsero altri aspetti che inizialmente non comparivano, come, quello più grave, del rifiuto di assumere i medicinali assegnati.

Era rifiuto consapevole o semplice dimenticanza? La dimenticanza dovuta a distrazione o a qualche principio di demenza? (il paziente aveva 88 anni). Scartai subito quest’ultima ipotesi! Nei nostri incontri si evidenziava una ottima memoria generale, una brillantezza di idee encomiabile ed una facilità nel linguaggio invidiabile.

Ciò che traspariva chiaro era il rifiuto all’aiuto della figlia. Voleva rimanere isolato con i suoi ricordi. Tutto ciò che riguardava la vita sociale, la cura della propria persona, sia a livello igienico che medico, per lui erano cose non più importanti.

La questione dell’accumulo poi produsse ulteriori problemi. Dopo due anni la casa era impraticabile: pacchi di riviste, giornali nel corridoio, libri dalla libreria sui tavoli ed altri accumulati, uno sull’altro, per terra. A tutto questo il rifiuto di far venire qualcuno per pulire l’appartamento. La figlia fu costretta con uno stratagemma a portare il padre fuori casa per una giornata ed una ditta di pulizie si preoccupò delle pulizie. Non fu però una cosa gradita dal padre che non volle più lasciare la casa per altre possibili uscite se non per le spese necessarie.

Diagnosi: confronto tra i sintomi canonici e quelli del nostro paziente

Riassumendo, la sindrome di Diogene è un disturbo che comporta l’accumulo di immondizia e grave trascuratezza di sé. Inoltre, la sindrome è caratterizzata da squallore domestico, alienazione sociale e rifiuto dell’aiuto. Gli studiosi hanno dimostrato che la sindrome è causata da una reazione allo stress vissuta dal paziente (morte della compagna).

Nella maggior parte dei casi, è stato osservato che i pazienti presentano possessività anormale e schemi di raccolta disordinati. Questi sintomi suggeriscono danni alle aree prefrontali del cervello, a causa della loro relazione con il processo decisionale. Al contrario, ci sono stati anche casi in cui gli oggetti accumulati sono stati sistematicamente ordinati (come nel caso del nostro paziente), il che può suggerire una causa diversa dal danno cerebrale.

La ricerca ha dimostrato che non è importante il ceto sociale del paziente né la preparazione intellettuale, né il grado di intelligenza del soggetto. La sindrome di Diogene non riguarda esclusivamente coloro che soffrono di povertà o problemi intellettivi o coloro che hanno avuto esperienze infantili traumatiche.

La grave negligenza verso di sé, di solito provoca collasso fisico o esaurimento mentale. La maggior parte delle persone che soffrono della sindrome non vengono identificate fino a quando non affrontano questa fase del collasso (già avvenuta nel nostro paziente), a causa della loro tendenza al rifiuto dell’aiuto degli altri.

I pazienti sono generalmente altamente intelligenti (come nel caso del nostro paziente). I tratti della personalità che possono essere visti frequentemente nei soggetti con diagnosi di sindrome di Diogene sono aggressività (non nel nostro caso), testardaggine (abbastanza pronunciata nel nostro caso), sospetto degli altri (soprattutto dopo l’inganno della figlia per pulire casa), sbalzi d’umore imprevedibili (non eccessivamente evidenziato), instabilità emotiva e percezione deformata della realtà (non registrati in modo evidente).

Il trattamento

Non è stato facile aiutare il nostro soggetto dato che negava decisamente le sue cattive condizioni e considerava, pertanto, inutile la terapia che volevo applicare. Cosa fare? Per aiutare il paziente occorreva decidere se forzare o meno il trattamento sullo stesso.

Scartando la possibilità di un ricovero in una casa di cura (il paziente era fisicamente autosufficiente e intellettualmente molto valido) anche perché i risultati, statisticamente, non sono dei più confortevoli, data anche la disponibilità della famiglia (figlia, genero, nipoti, amici) ho scelto una terapia semiresidenziale.

Iniziando il trattamento nella sua abitazione, si cercava di tanto in tanto – e sempre più frequentemente – di portarlo in zone dove avvenivano gli incontri con qualcuno di sua conoscenza che gli fornivano quel certo senso di sicurezza e di casa del quale mai ho voluto privarlo. Addirittura, qualche volta i nostri incontri sono avvenuti nella sala da tè di un bar nelle vicinanze della sua abitazione.

Quindi, incontri all’esterno, sempre vicino casa e con persone a lui note da sempre; incontri nel suo appartamento dove abbiamo cercato di riorganizzare le varie stanze e soprattutto organizzare un calendario delle medicine da assumere con i relativi orari. Non ultimo – e con questo terminai la terapia – la conquista dell’igiene personale. A questa sono arrivata mostrandogli quadri e foto che ritraevano fiori e immagini primaverili. Parlando degli odori dolci della primavera, dei colori sgargianti di quella stagione, del canto allegro degli uccelli, riuscii a ridare al paziente ancora la voglia di vivere.

Talvolta mi viene a trovare (autonomamente, ora ha 92 anni) quando si sente un po’ giù, ma gli basta raccontare i suoi crucci e si sente subito sollevato e di buon umore.

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