poesia

Qualche giorno fa presi in mano un mio taccuino vecchio di circa un paio d’anni e nei tanti pensieri scritti trovai una poesia che catturò la mia attenzione, “Pensare al poetare”; non mi ricordavo cosa ci fosse scritto, così lo lessi:

“Mi sento diverso quando poeto.

Non mi elevo verso Dio

e di certo

non trascendo questo mondo

Mi sento diverso quando poeto.

Non intravedo il futuro

e di certo

non mi si illumina la mente

ma continuando a scrivere,

penso che poetare

renda noi stessi diversi

in quell’istante.

Esclusivamente

in quell’istante.

Ciò riguarda me. Me e nessun’altro.”

Giunto alla fine, mi resi conto che le parole che due anni fa avevo scritto, risuonavano ancora nei miei pensieri. Oggi ci sono fonti d’informazione estremamente più dirette e pratiche della poesia, come ci sono arti più attuali e comprese. 

Ma allora, che scopo può avere oggi la poesia? La mia risposta è la seguente: poetare serve molto di più a chi scrive che a chi legge. 

Spesso pensiamo la poesia come un mezzo di elevazione dello “spirito”, come un modo per capire l’immensità delle cose, come l’amore, l’odio, il cambiamento e tutti i grandi temi della poesia. Io penso che le cose non stiano così, penso che la poesia abbia molto più a che fare con l’introspezione che con l’elevazione. La sua direzione è inviolabilmente verso l’interno, verso quelle pressioni esistenziali di chi le poesie le scrive.

Perché scrivere una poesia oggi

Oggi che quest’arte è meno appetibile che mai al grande pubblico, la poesia ha una funzione terapeutica, personale direi. Ha la facoltà di liberare e di appesantire l’autore; che in quel momento ha un filo che collega la penna al suo mondo interiore, alle sue emozioni, ai suoi pensieri, alle sue frustrazioni e ai suoi ideali. Scrivere è un atto intimo, che può si riguardare gli altri e il mondo, ma che sempre, necessariamente, riguarda noi.

Se nessuno legge ciò che scrivi non è un problema: il compito delle parole non è farsi leggere, ma essere lette da te.

fonte immagine: “Mano con sfera riflettente” di M. C. Escher