Immobilismo… Vite vissute banalmente giorno dopo giorno. Ogni giorno uguale al giorno prima. Tutto è fermo. L’aria è ferma. La scenografia è immobile. Grigia. L’unico che agisce è il cagnolino nero, che entra in scena ed esce quando vuole. Non curandosi delle patologiche ossessioni delle protagoniste, sempre uguali a se stesse. Le uniche note di colore sono gli abiti delle donne. Gli uomini tutti grigi, solo il dottore una nota di vitalità con la camicia gialla. Il resto rimane uguale.
Al teatro Vascello di Roma, con la regia di Leonardo Lidi va in scena “Zio Vanja” di Cekov, con una compagnia di attrici e attori all’altezza di una tragedia-commedia racconta la decadenza della Russia di fine ‘800, ma anche la fine delle nostre speranze.
Si vive ogni giorno e ogni giorno si muore, senza mai decidere, senza mai agire. Un continuo “starnazzare di oche” che poi si acquietano. Uno spaccato reale di società post-moderna, che si avvia alla autodistruzione consapevole del pianeta e delle loro vite. Si tratta della malinconica tragedia delle occasioni mancate, delle aspirazioni deluse, di amori rimpianti e mai pienamente vissuti.
Tutto si consuma su una panca grigia, senza nessun orpello. Una panca utile a scandire un tempo immobile, asfissiante, dove ognuna e lo specchio di se stessa, senza nessun entusiasmo. Una panca che funge da lettino psicologico, dove ognuno mette a nudo la sua banalità di vivere senza speranza.
Una mimica facciale e gestuale ben coordinata dalla sapiente regia di Leonardo Lidi, riesce a far esprimere al massimo ogni protagonista presente sulla scena. Un continuo andirivieni da dietro il palco, è l’unico elemento di mobilità motoria, che nel contempo immobilizza la scena.
Lo stile di Cekov , tragicomico del quotidiano, scritto per la Russia zarista, accentua i limiti di una situazione sociale non più sostenibile, ancora oggi più attuale di quando è stata scritta.
La distruzione delle foreste, il cambiamento climatico, ma anche l’annichilimento umano, sono portate in scena con forza e vigore, con il fascino irripetibile e struggente delle complesse sfaccettature della esistenza. La vita noiosa vissuta noiosamente in modo consapevole.
“Zio Vanja” ci restituisce la contemporaneità in assoluto rispetto delle dinamiche dei personaggi, esaltando la straordinaria attualità creativa. “Quando la vita non ha senso vanno bene anche i miraggi…” per uscire dalla noia in cui ci si è consapevolmente rinchiusi, per far dire che “la verità crudele è meglio dell’incertezza e dell’indifferenza alla distruzione”.
Tutto si consuma ma nulla cambia, solo il buffone mostra la vera natura umana e può dirsi “normale” dentro una società in completa afasia e catarsi.
Poesia e Cronaca Nera
Sette Cristi inchiodati su sette croci
(Ai 3 lavoratori morti, ai 4 dispersi e ai 5 feriti gravi nella strage di Suviana, il 9 aprile 2024, al dolore causato alle loro mamme, mogli, figlie e figli, dalla avidità umana e dal profitto)
Mario Pisano 73 anni nato a Taranto
Pavel Petronel 45 anni nato in Romania
Vincenzo Franchina 36 anni nato a Sinagra
pendono dissanguati sulle croci del profitto
nell’ora più triste e scarnificata
il petalo della rosa perderà la sua essenza
e l’airone cenerino arresterà il suo volo.
Sul Calvario altre quattro croci, per adesso vuote
aspettano i corpi dispersi tra i fumi e le fiamme
la falce della morte non ha pietà del dolore delle madri
la strage di Suviana uccide i padri ai figli
Paolo Casiraghi 59 anni di Milano
Alessandro D’Andrea 37 anni di Pontedera
Adriano Scandellari 57 anni di Mestre
Vincenzo Garzillo 68 anni di Napoli
Croci vuote senza corpi effluvi di morte
brandelli di carni, scarpe e calzoni bruciati
carezzano il freddo la ruggine e la cenere
La canzone del lago cullerà il pianto
in questo incessante scavare d’ombre
la lapide del tempo non vince il filo della luce
non parlate di martirio, questo è omicidio
di sette Cristi inchiodati su sette croci
sopra la cieca nebbia l’avido profitto
si nutre di sangue umano.