Il tempo vola: “Tempus fugit”, il tempo fugge! La locuzione latina che oggi potremmo tradurre “il tempo vola” ma visto i ritmi frenetici, oggi fanno del tempo un fattore che si restringe sempre di più. Almeno così sembra… Quanti di noi hanno pronunciato la fatidica frase “non ho tempo”?

Ebbene il tempo non si possiede nè si gestisce: il tempo scorre. Inesorabilmente scorre come un fiume che all’apparenza sembra fermo ma scorre. “Non ho tempo” è una frase fatta, usata da chi affardellato dalla vita quotidiana, dai problemi, dai ritmi del lavoro (chi ce l’ha), dai ritmi di chi invece lo cerca, da chi scappa dalle responsabilità, da chi invece è pressato dalle stesse, ma per tutti il tempo scorre.

Il tempo inteso come concetto astratto influenza le nostre vite forse per questo. Per quanto effimero possa essere esso è potente e misterioso, incessante nello scorrere senza la possibilità di tornare indietro. Il suo cadenzare inesorabile e costante ci fa lasciare dietro i ricordi e le esperienze mentre ci riserva un’incognita: il “più avanti”, il futuro…

Nell’esperienza umana, il tempo è il nostro più prezioso amico e, allo stesso tempo, il nostro più temuto nemico. Lo misuriamo in anni, mesi, giorni, ore, minuti e secondi, cercando di dare un ordine al caos della vita. Tuttavia, non riusciamo a catturarlo nè a controllarlo, ci sfugge “tempus fugit” e ci lega al suo decorso fatto di giorni e di notti, fatto di vite e di morti.

La misura del tempo ha sempre assillato l’uomo.

Nell’antichità l’alternanza del giorno con la notte, data dalla rotazione della terra era già una divisione semplice del tempo. Successivamente con l’utilizzo di un semplice strumento, lo gnomone, (una asticciola di opportuna lunghezza e conveniente orientazione, la cui ombra serviva a segnare le ore nelle meridiane) la sua misurazione sfruttava il sole permettendo di suddividere maggiormente il tempo del giorno. L’asta verticale la cui punta, segnava, con la sua ombra che si spostava, la suddivisione della giornata. 

Gli egiziani ad esempio utilizzavano alcuni obelischi a mo’ di gnomoni la cui ombra proiettata a terra misurava il tempo del giorno. Solo nel XIV-XV sec. a.C., venne introdotto un altro strumento, il Merckhet, (uno strumento astronomico formato da una foglia di palma avente un intaglio sulla sommità ed una squadra col filo a piombo). Utilizzato per la misurazione delle ore notturne traguardando le stelle. In epoca più tarda venne inventato il cosiddetto “orologio a scalini”, originario della Mesopotamia. Una gradinata con di fronte un muro che proiettava la sua ombra sui gradini che servivano da segnatempo. Per non parlare delle clessidre utilizzate fin dai tempi dell’antico Egitto sia a sabbia che ad acqua. Il loro facile utilizzo e la loro trasportabilità nonché la semplicità di utilizzo le rese per molti secoli lo strumento di misura del tempo più utilizzato.

Nell’antica Roma come si misurava il tempo?

Lo strumento più tipico per la misurazione del tempo era l’horologium meglio conosciuto come meridiana di Augusto (Solarium Augusti), esso era un obelisco egizio posizionato nel Campo Marzio della Roma antica nel 10 a.C.

Sotto l’imperatore romano Augusto, utilizzato come gnomone, oggi si ritiene più comunemente che fosse utilizzato con una linea meridiana per tenere traccia dell’anno solare secondo la riforma giuliana del calendario. Fu distrutto durante il Medioevo e recuperato nel Rinascimento. Oggi lo possiamo osservare come Obelisco di Montecitorio collocato nell’omonima piazza.

Quali altri misuratori del tempo di antico ricordo possiamo trovare nella Roma moderna?

Primeggiano le campane e già, nella Roma papalina il popolo faceva affidamento su di esse. I campanili scandivano il trascorrere del tempo cadenzandolo con i loro rintocchi. Già, ma chi diceva ai campanari quale era l’ora per far rintoccare le campane allo stesso istante?

Il primo riferimento ufficiale venne stabilito da Papa Clemente XI, che commissionò all’inizio del XVIII secolo, la costruzione di una meridiana. Clemente XI riformò anche il calendario religioso. Questa meridiana, da lui voluta, permetteva di scandire le ore e i giorni prendendo come riferimento la Pasqua. Fu scelto come luogo di collocamento, la basilica di Santa Maria degli Angeli, edificata nel complesso edilizio delle Terme di Diocleziano, su progetto di Michelangelo.

L’inaugurazione della meridiana avvenne il 6 ottobre del 1702. Una grande linea di bronzo, inserita in una fascia di marmo si estende diagonalmente per 45 metri. A destra di essa sono intarsiati in marmo policromo i segni zodiacali delle costellazioni estive e autunnali. Alle estremità sono raffigurate le costellazioni del Cancro e del Capricorno. Il fascio di luce solare penetrando dal centro dello stemma araldico di Clemente XI (foro gnomico) percorre durante l’anno l’intera linea di bronzo partendo dal segno del Cancro, arrivando al segno del Capricorno, per poi compiere il percorso inverso.

Negli anni il calpestio dei fedeli ha usurato i marmi, un restauro a fine anni 90 ha riportato la meridiana agli antichi splendori. Una targa all’interno della basilica recita: “La Meridiana di santa Maria degli Angeli, costruita da Francesco Bianchini e inaugurata da Clemente XI il 6 ottobre 1702 servì a regolare gli orologi di Roma fino al 1846, quando il cannone cominciò ad annunciare il mezzodì”.

Il cannone come orologio.

Un cannone? Si proprio un cannone. In origine sparava il colpo di mezzogiorno da Castel Sant’Angelo. Il botto che si sentiva in tutta Roma segnava la mezza giornata trascorsa e l’inizio della seconda da trascorrere. La tradizione di sparare il colpo di cannone a mezzogiorno di ogni dì da Castel Sant’Angelo è continuata nel tempo fino al 1903, poi l’affusto fu spostato sull’altura del Gianicolo, punto più alto di Roma. Il cannone, la cui manutenzione, preparazione e sparo è affidata ad un reparto di artiglieria dell’Esercito Italiano, tacque solo durante la seconda Guerra Mondiale. La cerimonia riprese nel 1959 il 21 aprile, Natale di Roma. Da allora non ha più cessato di sparare: ogni giorno il suo colpo di mezzodì.

Non solo il sole, le campane o i cannoni a Roma misurano il tempo, ma anche l’acqua. A Villa Borghese c’è il famoso orologio ad acqua. Situato nel mezzo di un laghetto artificiale. Il meccanismo è attivato dalla stessa acqua dell’invaso. Fu costruito nel 1867 dal padre domenicano Giovanni Embriaco. ll cognome del suo costruttore ha sempre destato ilarità nei romani perché il dialetto romano lo rende simile al vocabolo di ubriaco, per ironia è l’acqua che ne fa muovere i meccanismi.

Un altro meraviglioso orologio mosso dall’acqua è situato in via del Gesù, vicino al Convento della Minerva, anch’esso costruito da padre Embriaco. Nell’antica Roma il tempo divideva il giorno in dodici ore. La prima, Hora prima cominciava all’alba, l’ultima, Hora duodecima al tramonto. La notte era divisa in otto veglie: Vespera, Prima Fax, Concubia e lntempesta prima della mezzanotte. Inclinatio, Gallicinium, Conticinum e Diluculum dopo la mezzanotte. I giorni erano Luna, Marte, Mercurio, Giove, Venere, Saturno e Sole.

Molto di ciò è rimasto.

Ancora oggi, meridiane, orologi ad acqua e cannoni scandiscono le ore dei romani e di ogni uomo che calpesta la terra dei cesari.

Tornando ai giorni nostri, il tempo è anche in un certo senso legato al concetto di ciclicità. Le stagioni, le maree, i pianeti sono cicli e ci ricordano che tutto è destinato a mutare compresi noi che non sfuggiamo a questa regola essendo soggetti al ciclo della vita, nasciamo, cresciamo, maturiamo, invecchiamo fino a cessare di esistere. Il tempo dalla nascita alla morte siamo abituati a scandirlo in anni festeggiando il giorno della nascita per tutti gli anni a venire. Lo chiamiamo compleanno e per noi è un momento di gioia in realtà e solo un giorno che indica che stiamo invecchiando… Dovremmo invece esserne tristi perché il tempo ci sta sfuggendo e il ciclo della nostra vita sbiadisce inesorabilmente.

La Bellezza dell’Attimo Fuggente

Ma se lo sbiadire degli anni ci può suscitare timore e ansia, dall’altro ci offre la possibilità di apprezzare la bellezza presente. È nei piccoli momenti che troviamo la vera essenza della vita, un sorriso, un abbraccio, un tramonto. Attimi fuggenti appesi al filo del tempo, attimi da apprezzare e custodire nel cuore.

Niente dura...

Ma per cogliere gli attimi fuggenti bisogna imparare ad accettare che niente dura per sempre! Bisogna esserne consapevoli per dare valore e significato alla nostra esistenza. Ogni momento è un dono, un’opportunità per crescere, imparare e amare.

Il tempo non possiamo fermarlo né rallentarlo, ma possiamo scegliere come viverlo ogni istante che ci è concesso. Non sprechiamolo nella ‘cattiveria’ ma viviamo nel rispetto degli altri, dell’ambiente e nella solidarietà verso chi sta peggio, nel mondo.