Ogni rapporto relazionale si costruisce su un elemento basilare per la sua esistenza: la condivisione. Una relazione può esistere in ogni campo delle attività umane (emozioni, obiettivi, interessi), ma se non c’è la condivisione essa fallisce. Così anche la relazione tra psicoterapeuta e paziente.
Il rapporto che si deve costruire con il proprio paziente deve essere una relazione sana e costruittiva, come abbiamo detto nel precedente articolo.
Proprio questa relazione costruita con una ragazza di 17 anni, che chiamerò immaginariamente Laura, è stata fondamentale per darle il vero senso della vita. Quindi, il rapporto è stato empatico, sano e costruttivo.
Il caso
Laura si è presentata, accompagnata dai genitori (era minorenne) per espormi la situazione che la stava distruggendo. Non usciva più di casa e si rintanava nella sua stanza. Mangiava pochissimo e sempre in orari tali da stare sola. A scuola andava solo quando era necessario (compiti in classe, interrogazioni). Il suo successo scolastico, era la prima della classe, era l’unica cosa che le importava veramente, quasi una forma di riscatto rispetto alla sua dolorosa vicenda.
Laura, anche se diciassettenne, era ancora ingenua e ancora non pronta ad affrontare certi temi come l’amore e il sesso. Lei conosceva certamente l’esistenza di tali temi, ma li considerava marginali, sapeva che un giorno sarebbe cresciuta e avrebbe dovuto cimentarsi anche in questi frangenti.
A scuola, nella sua classe, c’era Paolo (altro nome fittizio), figlio del professore di lettere. Un bel ragazzo, ma che, contrariamente a lei, era cresciuto molto ed aveva già le sue fidanzatine che gli ronzavano intorno. A Laura piaceva Paolo, ma era più un senso di ammirazione per quel suo comportamento spavaldo, sicuro di sé. Non si sentiva pronta per qualcosa di più.
Un giorno, la scuola era stata occupata. Le consuete manifestazioni che gli studenti periodicamente fanno per verificare e proporre nuovi temi innovativi che dovrebbero valorizzare il corso scolastico.
Il fattaccio
Per la prima volta, anche lei volle partecipare. Era il penultimo anno del suo corso e voleva essere presente anche per capire il funzionamento di certe vicende. Durante un discorso che stava facendo una ragazza dell’ultimo anno del corso, lei andò al bagno. Aperta la porta per uscire, trovò davanti a sé Paolo con il pene di fuori. Laura rimase paralizzata, il cervello in blocco, non riusciva a connettere logicamente, un vero e proprio corto circuito cerebrale innescato dall’affluenza di fortissime emozioni che hanno, appunto, arrestato il flusso normale delle informazioni. Un vero e proprio sovraccarico di informazioni che non potevano essere gestite razionalmente.
Paolo spinse dentro il bagno Laura tentando di sbottonarle i pantaloni, una breve lotta ed ecco che a quel punto vinse su tutto lo spirito di sopravvivenza. Cosa fare con chi è più forte di te? Fare come fanno certi animali: si fingono morti. Così fece lei, fece finta di svenire e rimanere immobile a terra. Paolo, bestemmiò, aprì la porta e scappò via. Dopo qualche minuto due, tre, lei si alzò e si ripresentò nella sala dove stavano facendo la riunione. Paolo la vide, le si avvicinò e le disse: “Non ti azzardare a dire a nessuno quello che è successo, altrimenti ti faccio bocciare da mio padre”. Potremo dire proprio un esempio di bravo ragazzo! Questo spaventò molto Laura e da quel giorno la sua vita è cambiata.
La condivisione (innesco del rapporto psicoterapeuta-paziente)
La condivisione non fu una cosa difficile perché anch’io da alunna, in terza media, un compagno mi propose qualcosa di simile e se non lo avessi fatto, assieme ai suoi compagni, una piccola banda di teppistelli, mi avrebbero mobbizzato e reso la vita impossibile. Risolsi tutto con un pugno sul naso che gli fece uscire il sangue. Il preside mi chiamò chiedendomi cosa era successo. Raccontai il fatto e lui (il preside), ridacchiando, “hai fatto bene, vediamo se adesso viene a dirmi il fatto”. Seppi che raccontò di essere scivolato per le scale durante l’intervallo. Nessun altro rappporto ci fu fino al termine della scuola.
Quindi, non mi fu difficile entrare accanto a Laura e prenderla per mano, come se volessimo fare una bella passeggiata, godendo del bello che ci circonda, mano nella mano come due care amiche che scambiano le proprie esperienze e vogliono costruire un muro di protezione psicologica contro eventi di questo tipo e non solo. Insomma creare un rapporto speciale.
Si tratta, quindi, di generare una sorta di meccanismo difensivo che sia in grado di strutturare quella forma di difesa tale da respingere eventi negativi e traumatici.
Indubbiamente Laura, vivendo quel ricordo, non era in grado da sola di gestirlo e superarlo, ma con l’empatia che le avevo mostrato, la forza d’animo che sono riuscita a infonderle, la razionalità che pian piano ha avuto la costanza e forza di far sua, hanno portato la ragazza a gestire degnamente il suo problema.
Conclusione
Anche se non rientra nella cura (un anno), per i più curiosi, oggi Laura si sta laureando in biologia, ogni tanto viene per una seduta perché sente il bisogno della condivisione con me, del suo vivere. Non è una dipendenza, ma è come prendere dei libri sparsi su un tavolo e rimetterli in ordine nei propri posti della biblioteca, la biblioteca della sua vita.
Ancora per i più curiosi, Paolo è caduto nel giro della droga, ma varie terapie e percorsi per la relativa disintossicazione, pare che lo abbiano portato fuori da quell’inferno. Ora sta frequentando la facoltà di lettere perché vorrebbe insegnare come suo padre. Laura ha avuto queste notizie da altri compagni di classe che ogni tanto incontra all’Università.
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