apprendimento

L’apprendimento di un soggetto può essere guidato da stimoli esterni che possono essere costruttivi o distruttivi e che, quindi, possono decisamente influenzare la risposta del soggetto al quale vengono applicati.
Il processo di apprendimento è il susseguirsi di esperienze che porta ad un cambiamento
significativo nel comportamento della persona. Acquisire nuove conoscenze e competenze nasce
dal desiderio di evolversi all’interno della società.
Lo sviluppo dell’apprendimento è un meccanismo innato sul quale si basa il Principio di Pavlov.
Tale meccanismo è così elementare e scontato che spesso sfugge alla nostra attenzione.
Nello studio del processo di apprendimento, Pavlov introdusse due concetti basilari per la loro
influenza sull’apprendimento animale: lo stimolo positivo (o rinforzo) e lo stimolo negativo (o
dissuasione).
Ricordiamo l’esperimento di Pavlov sui cani e possiamo affermare che anche sull’uomo permane
lo stesso procedimento per quanto riguarda l’apprendimento. La differenza tra i risultati ottenuti
con l’esperimento sui cani e quella inerente al comportamento umano è che le reazioni allo
stimolo (positivo o negativo che sia) aumentano in molteplicità, tanto più complesso è il soggetto
in esame.
Il processo di apprendimento provoca una serie di atteggiamenti nel soggetto:

  1. cambiamenti nel comportamento che un organismo mette in atto nel corso dell’esistenza per
    meglio adattarsi all’ambiente esterno;
  2. individuazione delle condizioni osservabili e misurabili che producono cambiamenti duraturi nel
    comportamento osservabile e misurabile di un organismo.

Il mio studio in relazione all’intelligenza.
Con alcuni pazienti, tutti consenzienti e disposti a partecipare ad un esperimento, ho voluto cercare
un collegamento, che tra l’altro avevo intuitivamente sospettato, tra i vari gradi di intelligenza e le
risposte fornite dai soggetti sottoposti a vari stimoli (positivi e negativi). Naturalmente, c’era
l’accordo iniziale tra tutte le parti che i miei risultati sull’intelligenza di ognuno ed i relativi risultati
non sarebbero stati resi noti ai soggetti partecipanti.

Essi corrispondevano soltanto ad alcuni codici il cui collegamento con il paziente rappresentava il mio grande segreto professionale. Solo io, quindi, conoscevo i risultati che hanno confermato, senza ombra di dubbio, che più il soggetto è complesso e più tempo impiega a fornire una sua risposta definitiva dietro un sollecito procurato da uno stimolo.

Talvolta, può anche dare una risposta inaspettata.

Infatti, subentra un elemento che non compare nei cani (Pavlov): la coscienza. Davanti a questa entità, anche se la media dei risultati sono stati quelli aspettati, tuttavia in qualche occasione la risposta ha destato sorpresa.
Proprio perché su certe questioni, al di là dello stimolo e della possibile risposta istintiva, la
coscienza e la razionalità hanno coperto un ruolo deviante, di disturbo.

Comunque, saltando l’esperimento del cane di Pavlov, ormai noto, ho potuto rilevare che le
persone che ho ritenuto meno intelligenti rispondevano con buona velocità soggiacendo sempre
alla spinta emotiva procurata dallo stimolo (positivo o negativo). Tempi di risposta brevi.
Stesso esperimento con un altro gruppetto di soggetti che ho ritenuto più ‘sveglio’ (intelligenza
medio-alta) e stesso risultato: unanimità nelle risposte sollecitate dai relativi stimoli (positivi o
negativi). Tempi di risposta brevi, tranne alcuni casi (14%) dove si evidenziava un momento di
perplessità e l’avanzare di qualche dubbio.
La sorpresa finale nel gruppetto degli “intelligenti”: il 31% (praticamente 1/3 dei partecipanti) ha
risposto in modo inaspettato.
Conclusioni
Questo 31% dei pazienti “più intelligenti”, con i quali ho avuto modo di intrecciare molti colloqui,
erano persone molto complicate. Davanti ad una certa situazione, anche se stimolate
(positivamente o negativamente) seguiva sempre un breve periodo di riflessione che, negli altri
partecipanti, era appena accennato se, addirittura, non esisteva.
Quindi, l’intelligenza istintiva, in tutti, faceva dare risposte analoghe, ma in alcuni, quelli
mentalmente più articolati, pur volendo dare istintivamente la risposta ovvia, venivano trattenuti
da un fattore coscienza che negli altri soggetti era meno preponderante.
Questa ricerca, ancora in fase di sviluppo, ha lo scopo di arrivare ad individuare i vari stadi
dell’intelligenza umana, penetrando nei complessi intrecci che dominano i vari collegamenti tra
l’istinto, la conoscenza, la coscienza e la pura intelligenza. Ma che cos’è l’intelligenza?
Il condizionamento e l’opera dello psicoterapeuta.
Se un soggetto è condizionato in un aspetto della sua esistenza e se questo condizionamento è
stato provocato da stimoli esterni negativi, risulta utile decondizionarlo. Il decondizionamento è
una tecnica dell’esposizione usata in psicoterapia comportamentale.
Poiché lo stimolo (negativo) pone il paziente in un certo stato di ansia, è necessario desensibilizzarlo
ponendolo in condizioni di rilassamento. Il paziente è portato a immaginare la situazione ansiogena
(stimolo condizionato che provoca risposta di ansia, paura, stress) nei suoi vari gradi di ansia. Mantenendo la risposta di rilassamento, il paziente si desensibilizza verso lo stimolo ansiogeno.
Il rinforzo (stimolo positivo) dato ad un certo comportamento avrà effetto (positivo) anche per
comportamenti simili.
Il concetto di rinforzo = effetto che segue un certo comportamento e determina la probabilità che quel
comportamento venga emesso. Nel condizionamento operante il rinforzo è condizione necessaria e
sufficiente per l’apprendimento.
I soggetti vengono condizionati e devono fornire delle risposte. Se la risposta non è quella attesa, non vi è alcuna reazione da parte del soggetto condizionante (psicoterapeuta). Se, invece la risposta è quella
desiderata, allora questa viene rinforzata.
I rinforzi positivi producono un effetto piacevole e agiscono da ricompensa. Essi aumentano la probabilità
che un comportamento si manifesti. I rinforzi negativi aumentano la probabilità di apprendimento di
comportamenti che eliminano attivamente una fonte di sofferenza, oppure consentono di eliminare uno
stimolo sgradevole e penoso tramite comportamenti di evitamento e fuga.

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