La gratitudine è un sentimento? È uno stato d’animo? Il senso di gratitudine a mio avviso è una naturale disposizione interiore. Non scegliamo di essere grati, lo sentiamo e basta. Complice l’amore materno, complice il senso di meraviglia per il creato, complice il desiderio di esprimere la gioia di vivere. Poi certamente sopravvengono fatti che ci ostacolano nella sua spontanea manifestazione e ci si dimentica di quanto eravamo grati quando si era più piccoli.
Così con il tempo e le varie esperienze di vita la gratitudine diviene una cosa intima, che tieni per te, aspettando magari l’occasione giusta per esprimerla. Quasi te ne vergognassi o addirittura per proteggerti perché svelando una tua parte segreta, recondita e ben nascosta negli anni, temi che qualcuno possa approfittarne, ferendoti, come ad esempio la stessa persona che ne è la fonte.
L’origine è nota, conosciuta dai più, ossia la madre, il genitore, il tutore che ci ha cresciuto. Per altri è la natura, la madre terra, un dio supremo, un pantheon di divinità. Un’entità da ringraziare. Verso cui provare gratitudine. Quasi si sia in debito verso questo dispensatore di bene.
Qualcuno potrebbe osservare che un debito di gratitudine è pur sempre un debito. Ma la gratitudine per esprimersi deve essere libera, quindi volontariamente espressa da chi la prova, non può diventare un obbligo oneroso, né un’azione dettata da un profondo senso di colpa, trasformandosi in qualcosa che di libertà ha ben poco. Non può degenerare in coercizione. Esiste per fortuna un dovere “liberale” che non è quello economico né ideologico. Lo chiamiamo riconoscenza ed esprimere riconoscenza ci permette di “liberare” la nostra anima dalla silenziosa gratitudine che abbiamo covato da tempo, più o meno lungo, più o meno consapevolmente, nei confronti di chi ci ha fatto crescere. E non solo di chi ci ha sfamato materialmente, ma anche di chi ci ha nutrito del desiderio di crescere come persona. Di questi “tutor” ciascuno di noi ne porta certamente qualcuno nel cuore.
La gratitudine andrebbe esercitata ogni giorno come antidoto alla pressione dei pensieri e dello stress quotidiano proprio perché è un terreno d’esercizio di libertà, è un luogo interiore di poesia e ricarica energetica.
La poesia
Sulla gratitudine vi propongo una poesia scritta da una mia paladina che chi segue questa rubrica conosce già:
Wisława Szymborska,
Nella moltitudine
Sono quella che sono.
Un caso inconcepibile
come ogni caso.
In fondo avrei potuto avere
altri antenati,
e così avrei preso il volo
da un altro nido,
così da sotto un altro tronco
sarei strisciata fuori in squame.
Nel guardaroba della natura
c’è un mucchio di costumi:
di ragno, gabbiano, topo campagnolo.
Ognuno calza subito a pennello
e docilmente è indossato
finché non si consuma.
Anch’io non ho scelto,
ma non mi lamento.
Potevo essere qualcuno
molto meno a parte.
Qualcuno d’un formicaio, banco, sciame ronzante,
una scheggia di paesaggio sbattuta dal vento.
Qualcuno molto meno fortunato,
allevato per farne una pelliccia,
per il pranzo della festa,
qualcosa che nuota sotto un vetrino.
Un albero conficcato nella terra,
a cui si avvicina un incendio.
Un filo d’erba calpestato
dal corso di incomprensibili eventi.
Uno nato sotto una cattiva stella,
buona per altri.
E se nella gente destassi spavento,
o solo avversione,
o solo pietà?
Se al mondo fossi venuta
nella tribù sbagliata
e avessi tutte le strade precluse?
La sorte, finora,
mi è stata benigna.
Poteva non essermi dato
il ricordo dei momenti lieti.
Poteva essermi tolta
l’inclinazione a confrontare.
Potevo essere me stessa – ma senza stupore,
e ciò vorrebbe dire
qualcuno di totalmente diverso.
Vi ringrazio per la vostra attenzione! Così, tanto per esprimervi tutta la mia gratitudine.
Buona vita a chi legge!
Ivana Sorce