Taranto

 Taranto: STUDIO DI ECOLOGIA INTEGRALE UPA

 SALUTE VERSUS ECONOMIA

Nel gennaio 2019, la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) condannò il governo italiano ritenendolo colpevole di non riuscire a garantire nel maggior polo siderurgico d’Europa “la salute delle persone e dell’ambiente” contestando una violazione dei diritti umani. Questo il verdetto del 31 maggio 2021 sulla vecchia gestione delle acciaierie della famiglia Riva, fissa un importante punto sul primato della salute sull’economia

 La sentenza della Corte d’Assise di Taranto sul “disastro ambientale” all’ex-Ilva stabilisce (in primo grado) che il dilemma che a volte pare emergere tra “difesa della salute” e “difesa del lavoro”, è a dir poco ingannevole.

Dicono i difensori delle famiglie che hanno subito perdite, che da un lavoro che causa centinaia di morti e patologie non può scaturire alcun tipo di benessere economico. La sentenza in pratica riconosce la gravità di un tessuto urbano e industriale.

Questo è quello che ripetono in tribunale i familiari delle vittime: una città che con tanti morti alle spalle, non potrà mai davvero crescere e arricchirsi. Oggi finalmente i programmi di riqualificazione, di bonifica e di ristrutturazione prevedono un notevole cambiamento strutturale, ma in realtà i lavori stentano a partire e ad offrire un reale punto di svolta soprattutto a livello di tutela della salute.

TARANTO ED IL PREOCCUPANTE PROFILO SANITARIO PER LA POPOLAZIONE

L’OMS qualche tempo fa ha effettuato uno studio relativo alla qualità dell’aria insieme al CENTRO EUROPEO PER L’AMBIENTE e all’ISTITUTO SUPERIORE SANITÀ focalizzando la ricerca sulla tutela dei diritti della salute, concludendo con una valutazione del danno relativo alle malattie derivanti dall’esposizione a sostanze chimiche nell’aria, nel mare e nelle falde acquifere che ha denotato un preoccupante profilo sanitario per la popolazione locale.

Circa dieci anni fa pubblicarono i dati delle due maxi-perizie (ambientale ed epidemiologica) del tribunale di Taranto che ne appurarono la nocività per “eventi di malattie e di morte”, rilevando un’incidenza di tumori nella zona molto superiore alla media allo stomaco (+107%), alla pleura (+71%) e alla vescica (+69%), e anche di malattie neurologiche (+64%).

Sotto la gestione Riva, tra il 2005 e il 2010, secondo i dati inviati dalla stessa Ilva al ministero dell’Ambiente, a Taranto si emetteva il 90% della diossina industriale presente in Italia. Risultava un’insorgenza di casi di tumori infantili superiore al 54% della media regionale (con un eccesso di mortalità del 20% nel primo anno di vita), e più in generale un’incidenza media dei tumori superiore del 20% nelle donne e del 30% negli uomini che vivono o lavorano nell’area contaminata rispetto ai dati dell’intera provincia.

Queste anomalie, come per gli altri siti contaminati sotto analisi nel nostro Paese, sono attribuite dallo studio medico-scientifico direttamente all’eccesso di emissioni tossiche nel luogo.

Come sono cambiate le cose in questi venti anni?

Gli studenti di ECOLOGIA INTEGRALE della Facoltà di Filosofia dell’Università Pontificia Antonianum (UPA) di Roma hanno effettuato due laboratori sul posto, per osservare in loco le contraddizioni del territorio e per constatare le reali condizioni della città, incontrando i protagonisti del cambiamento in atto. Nella foto il gruppo di studio con la giornalista RAI Tiziana Grassi impegnata nella riqualificazione culturale, economica e ambientale della città di Taranto. 

Immagine che contiene vestiti, persona, sorriso, calzature

Descrizione generata automaticamente

Studi di enti come ARPA, ISPRA e ricerche del dipartimento di protezione sanitaria della ASL sono continuamente fatti sugli operai, sui cittadini ed anche sui luoghi fisici. Ho personalmente potuto vedere i muri delle case del quartiere Tamburi limitrofo all’area siderurgica, che sono ancora contaminati dalla rosacea sostanza tossica depositata su tutta l’area, cimitero compreso.

Le indagini sanitarie sull’area e sui cittadini vengono costantemente monitorate e in effetti qualche dato positivo andrebbe meglio pubblicizzato, perché dal 2013 i valori, posti per legge, non sono stati più superati.

Questo potrebbe essere un ottimo dato se sostenuto da altre politiche più incisive e risolutorie, perché il problema resta grave anche se in questi venti anni i valori non si sono superati e nonostante siano in corso lavori di bonifica, bisogna sempre mantenere alta l’attenzione per la salute dei cittadini che deve necessariamente rimanere al primo posto tra gli obiettivi delle amministrazioni comunali e del governo.

                                    SALUTE VERSUS ECONOMIA

IL “RAGIONEVOLE BILANCIAMENTO” TRA IL DIRITO ALLA SALUTE E IL DIRITTO AL LAVORO.

La vecchia disputa tra Corte Strasburgo e Cassazione

Diverse sono le varie sentenze che costellano gli anni di conflitti in questa lunga vicenda. Il sito è dichiarato di “importanza strategica” dallo Stato italiano e questo, di fatto, assolve una grande quantità di difformità gigantesche, soprattutto per quel che riguarda la tutela della salute dei lavoratori e dei cittadini.

La confisca disposta nella sentenza per l’area a caldo degli altiforni – la principale e più inquinante delle acciaierie – scatterà solo in caso di conferma in terzo grado della Cassazione, dopo il procedimento d’appello, e questo percorso, per i tempi della giustizia italiana, impiegherà altri anni.

Nel frattempo, la produzione alla ArcelorMittal, ora in joint venture con l’agenzia del governo Invitalia, potrà continuare anche grazie alla sentenza della Corte costituzionale del 2013, nel nome di un “ragionevole bilanciamento tra diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione, in particolare alla salute (art. 32 Cost.), da cui deriva il diritto all’ambiente salubre, e al lavoro (art. 4 Cost.)” 

Al contrario, la corte di Strasburgo ha riconosciuto invece il nesso causa-effetto tra i due diritti, giudicando illegittimo il decreto del governo del 2012, oggi riconfermato, che dichiarava il sito produttivo dell’ex-Ilva di “interesse strategico nazionale” e dava ai gestori la facoltà d’uso degli altiforni nonostante il loro sequestro da parte della magistratura.

Come fare per risolvere questo increscioso dilemma che pesa sulla città? I tarantini sono da tempo pronti a mettere in campo tutte le loro armi per una reale ripartenza alla luce del cambiamento.

IL SOGNO DEI TARANTINI E LE BELLEZZE DI TARANTO

Un dilemma che sarà difficile risolvere a breve, visto che sia Ancelor Mittal che Invitalia, non sembrano voler veramente trovare un accordo per risolvere il problema. Intanto la città crede in una ripartenza e in un cambiamento reale delle condizioni ambientali e delle condizioni di vita dei suoi cittadini: la città non è soltanto il polo industriale, ma è anche una città d’arte e di cultura, tante sono le iniziative che vengono proposte dai vari comitati che con il cuore e con la passione tentano di dimostrare il loro attaccamento alla loro città natale. 

Taranto, la città dei due mari, l’antica capitale della Magna Grecia, una città la cui bellezza viene offuscata delle vicende legate all’ex ILVA ma che forse sarebbe il caso di dimenticare per poter ricreare una atmosfera senza le pesanti ripercussioni di una industria mal gestita. Taranto è veramente una città bellissima piena di storia.

Tantissimi i comitati che oggi tentano di vivere la città per le sue bellezze e non solo per le bruttezze del polo industriale, valorizzando le meravigliose aree naturali, le ricchezze storiche della città vecchia, i siti archeologici come il tempio di Poseidone. Vari i gruppi d’intervento e di studio per tutelare i parchi naturali del Mar Piccolo con le sue coltivazioni di mitili, sviluppando il concetto di “mare urbano” hanno in progetto la bonifica delle spiagge e delle aree verdi che circondano la città.

Progetto di fito-riparazione ambientale

Ad esempio, va sottolineato il grande impegno nel progetto di fito-riparazione che ho potuto personalmente constatare in cui si sono piantati alberi come pioppi e tamerici per bonificare e purificare attraverso le radici e attraverso il ciclo naturale della sintesi clorofilliana, i terreni limitrofi al vecchio arsenale contaminato da diverse sostanze tossiche che lo avevano reso off limits per ragioni sanitarie. 

Ecco, dunque, che al termine del laboratorio di studio si sono potute tirare alcune linee che demarcano la grave situazione legata all’impianto siderurgico, alle acciaierie e all’arsenale della Marina Militare, constatando come la degradazione generale dei passati venti anni abbia negativamente influito sull’immagine che si ha di Taranto. Allo stesso tempo, va invece sottolineato come oggi, una nuova cultura generatrice di positività e di cambiamento insieme all’impegno dei cittadini, abbia dato una notevole spinta per la riqualificazione dell’intera città.

Tanti le iniziative per la ripartenza, tanti i centri culturali, le biblioteche, i teatri ed i musei che offrono spunti per un reale cambiamento in atto. Tantissimi i cittadini veramente impegnati a voler definitivamente voltare pagina.

Non ci resta che augurare alla città di Taranto un 2024 pieno di cambiamenti positivi, nella speranza di risolvere presto i troppi problemi in ballo che impediscono alla cittadinanza di godere di una giusta atmosfera di salute, di pace sociale e di benessere.