Un dolore che vive, anche da molto tempo, nella tua mente, condizionando così anche la tua salute e la tua vita quotidiana. La necessità, quindi, di liberarsi di un peso così opprimente per avere una vita serena e libera da impedimenti.
Un dolore psicologico condiziona la vita, modificando tutto ciò che si potrebbe ottenere affrontando la propria esistenza con il giusto equilibrio. Questo in ogni campo: nel lavoro, nei rapporti sociali, nel rapporto di coppia, nelle scelte economiche, ecc..
Il dolore emotivo, cioè quello del nostro cuore e della nostra mente, è molto frequente e debilitante tanto quanto il dolore fisico. L’ansia, le preoccupazioni, la paura, una perdita economica, un lutto, la vergogna per un insuccesso sono pesanti fardelli che si possono portare dentro per anni e possono provocarci dolore. Facile è cadere nella ruminazione psicologica e non trovare vie d’uscita.
Come ci comportiamo per un dolore fisico, cioè trovare un rimedio per alleviarlo e/o guarire la sua causa, così dobbiamo comportarci per il dolore emotivo.
È molto importante la consapevolezza dell’emozione legata al dolore. Noi, in generale, cerchiamo di evitare il dolore, ma tale modalità di comportamento non fa altro che aumentare la sofferenza. Dobbiamo pensare al dolore emotivo come un’entità che vuole comunicarci che qualcosa non va nella nostra psiche. I momenti di dolore meritano di essere vissuti come parte della vita. Se ci addestriamo alla consapevolezza riusciamo a meglio distinguere la natura del nostro dolore.
Quando iniziamo a riconoscere le nostre emozioni mentre siamo in preda alla sofferenza emotiva, siamo già sulla strada della guarigione e riusciamo, sempre più, ad assumere un certo grado di saggezza.
Quindi, l’importante è accettare il dolore emotivo, perché spesso arriva senza preavviso, osservarlo, viverlo ed entrare in relazione con esso.
Dopo questa fase, dobbiamo riuscire a cambiare il nostro modo di vedere le cose, possiamo modificare anche le nostre risposte ed in questo modo riusciamo a diminuire il dolore limitando gli effetti dannosi a breve e lungo termine che esso può provocare.
Il primo incontro: apertura del caso
Giulio è un giovane di 22 anni che ha voluto provare l’esperienza del militare, ma quella vita ha capito che non era per lui. Aveva fatto questa scelta perché il padre, morto alcuni anni prima, era un ufficiale di alto grado dell’esercito italiano. Lui aveva un’adorazione per il padre, mentre con la madre si trovava spesso in conflitto. Per questo, appena ha potuto si è allontanato sperando che con il militare si sarebbe creato una vita simile a quella che aveva fatto il padre. Lui, però, non aveva né il carattere per abbracciare quel mestiere, né la determinazione per raggiungere quell’obiettivo.
Mentre Giulio racconta la sua storia si intravede un’emozione piuttosto irruente che lui riesce a malapena a domare. Comunque i suoi occhi sono lucidi.
A tutta la storia della sua vita precedente, da quando morì suo padre, sei anni prima, ha aggiunto che dopo la disgrazia, aveva la necessità di trovare una sicurezza, un affetto e una comprensione che a casa non aveva. Qui risiede la sua grande sofferenza che lo fa sentire male provocandogli, a volte, dei veri e propri dolori fisici. Dolori evidentemente di natura emotiva.
Sua madre faceva ciò che poteva per sollevarlo dal suo dolore, ma non riusciva a connettersi con le esigenze di Giulio.
Addirittura ebbe un periodo, fortunatamente di breve durata, nel quale frequentò compagnie poco affidabili, ma riuscì ad allontanarsi facilmente.
Terminò gli studi e maturò l’idea del militare.
La sua ragazza, Angela, l’ha sempre sostenuto nelle sue scelte e lui si sentiva molto responsabile nei suoi confronti. Il loro rapporto era sano e, per quanto Giulio mi raccontava, anche piuttosto intenso. ‘Quando lui troverà un lavoro vorrà sposarsi’.
Il caso e la cura
Questo è il classico caso del paziente che viene per confidarsi, ma soprattutto per svuotare tutto il bagaglio di negatività che ha accumulato negli anni.
Giulio non è mai stato prima da uno psicologo, ma ora ne sente il bisogno.
Questi pazienti, in genere, necessitano di poche sedute, perché hanno la volontà di guarire presto per superare quella situazione di malessere. Hanno una buona carica positiva che, però, spesso, rischiano di sprecare e non riuscire nel loro intento. Questo li potrebbe portare ad una ricaduta dalle conseguenze più gravi e, in tal caso la guarigione sarebbe più lunga e dolorosa.
L’unica cosa che si deve fare è convogliare tutte le energie positive del paziente dandogli inizialmente quello sprint necessario per affrontare il malessere, analizzarlo e trarre da questi pensieri quella consapevolezza del problema che costituisce la base da cui partire per risorgere.
Quindi indirizzare le energie del paziente verso l’acquisizione della consapevolezza del problema.
Gli incontri che ho avuto con Giulio sono stati tre, i primi due a distanza di una settimana e il terzo dopo quindici giorni.
In quest’ultimo incontro ho conosciuto Angela, una bella ragazza che sa quello che vuole, ha un bel carattere e tra i due si intravede una forte intesa.
Dopo quell’incontro ho risentito telefonicamente Giulio. Erano passati tre mesi (quelli estivi), aveva trovato un lavoro presso un supermercato, finalmente si sentiva veramente libero e mi ha comunicato che stava già programmando il matrimonio per l’anno venturo.
Si è anche riavvicinato alla madre, grazie anche all’opera paziente di Angela ed ora sta anche cercando un appartamento nelle vicinanze di quello dove vive la mamma.
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