Il confine tra il giusto e sbagliato

ByFrancesca Romana Dottori

13 Aprile 2025
confine

Quale confine se forse non esiste un “giusto” o “sbagliato”? Esistono solo le emozioni e ciò che sente il paziente. Ecco allora che in certi casi il muro di separazione tra giusto e sbagliato può spostarsi da una parte o dall’altra.

L’interpretazione del confine tra bene e male in psicologia. Come in ogni cosa ci sono alcuni limiti da rispettare e questi sono fissati dall’etica e più in generale dalla morale. Dovrà essere il paziente che, dal suo racconto, fisserà questo limite.

Il terapeuta accetta il punto di vista del paziente e la realtà che egli vive e gli porta in seduta, non giudica e non appone etichette. Dovrà solo indirizzarlo al raggiungimento di uno stato di benessere psichico.

Le forme patologiche si evidenziano quando il paziente è affetto da disturbi quali il narcisismo, l’egoismo, l’avarizia, ecc.. Tali patologie psichiche possono comportare una falsa visione della realtà. Si arriva a credere di essere stati giudicati in modo errato quando, invece, il giudizio risulta corretto e bilanciato. Infatti, questi pazienti spostano il limite tra bene e male dalla loro parte, a loro favore.

Il confine spontaneo e quello ragionato

Esistono dei confini tra ciò che sentiamo, pensiamo nel bene e nel male. In questa nostra decisione dobbiamo conoscerne le conseguenze, assumersene le responsabilità.
Per esempio, si può desiderare di procurare un danno ad una persona, ma all’atto pratico bisogna saperne le conseguenze. Quindi, esiste un confine tra il proprio sentire e l’agire che non è però il confine tra il bene e il male. Io posso pensare male, ma non passo all’azione perché temo le conseguenze. Ecco che il timore sposta il limite verso la non azione, quando invece, con il pensiero, io avrei agito negativamente spostando il limite verso il male (azione).

Ma quando il paziente è malato?

In psicologia non esiste giusto o sbagliato nel senso che non c’è un giudizio nei confronti del paziente. Si lavora affinché il paziente sia consapevole del perché ha agito in quel modo, anche in atti crudeli. Per questo un terapeuta non prende in carico qualcuno se sente di non poter affrontare in maniera imparziale (senza giudicare) quella tematica. Basti pensare ai pedofili, anche loro vengono assistiti psicologicamente. Il loro è un comportamento insano e per questo vanno aiutati psicologicamente.
In psicoterapia si aiuta il paziente a non giudicare il proprio sentire e a non etichettare le emozioni come giuste o sbagliate. Ma allo stesso tempo lo si aiuta anche ad avere consapevolezza dei propri comportamenti e delle responsabilità ad esso collegati avendo ben chiaro che ci sono dei limiti che definiscono cosa è lecito e cosa non lo è.

I pensieri e la realtà

Visto che per un paziente non c’è niente di giusto o sbagliato è tutto ammesso?

Ognuno di noi ha il proprio metro di giudizio. Io, personalmente, credo che tutte le emozioni siano lecite, anche le più negative, basta che non le realizziamo.

Quindi è vero che esistono le emozioni e che il sentire non è né giusto, né sbagliato. Come si può giudicare la rabbia di una persona piuttosto che il suo dolore o la sua gioia.

 La differenza la fanno proprio le azioni e quello che il soggetto sceglie di fare in relazione a ciò che prova.

Confini, limiti e differenze tra bene e male ci sono sempre, servono a proteggerci, a orientarci, a scegliere.

Come comportarsi e come scegliere

“Giusto/sbagliato”, “bene/male” sono giudizi che variano in base alla percezione di ognuno di noi. Quello che è giusto per me può essere sbagliato per lei e quello che è bene per lei può essere male per me, e viceversa.

Certo che i limiti e le differenze tra bene e male esistono; solo che sono diversi per ognuno di noi e si basano su ciò che ognuno di noi ha imparato essere “bene” oppure “male”.
D’altra parte, non è che esistono “solo” le emozioni e solo ciò che uno “sente”. I fatti, le situazioni, gli eventi sono reali, concreti, oggettivi.

Se è vero che non ci sono emozioni giuste o sbagliate è pur vero che ci sono modi giusti e sbagliati per esprimerle e gestirle. Per questo, se ad esempio la rabbia è “consentita” non è funzionale esprimerla attraverso atti violenti verso sé o gli altri.

Per questo motivo la psicoterapia aiuta a trovare il modo più corretto per riconoscere prima e gestire poi le sue emozioni; inoltre la psicoterapia la supporta nel riconoscere ciò che si cela dietro ad alcuni vissuti emotivi, facendo luce su pensieri o esperienze che sono a monte di tali emozioni.

L’azione della psicoterapia

La psicoterapia non è uno spazio all’interno del quale il terapeuta giudica le sensazioni e/o le emozioni che il paziente tende a sperimentare.

 Inoltre il paziente viene spesso invitato a non mettersi in una posizione giudicante nei confronti dei propri vissuti. Questo sarebbe anti-terapeutico! L’utente solitamente viene esortato nell’ accogliere le proprie emozioni, anche quelle più dolorose, proprio per questo aiuta il soggetto nel mettersi in una condizione diversa nei confronti di se stesso. La psicologia e la psicoterapia stessa si pongono come compito quello di aiutare il paziente nelle sue difficoltà e non di valutare eticamente i comportamenti del soggetto.

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