sulla complessità

Ci sono dei momenti in cui si “dice” e dei momenti in cui si “parla”, due attività che non andrebbero mai confuse. Se così fosse, prenderemo per importanti delle cose che sono solo dette e per inutili delle cose di cui si dovrebbe parlare, riducendo pian piano la complessità di tutto ciò non potremmo più parlare venendo ascoltati.

Fuochi in lontananza mangiano aria

ripulita dagli alberi

nutriti dall’acqua

scaldata dal sole.

Questo è il ritorno del difficile.

Il ciclo del complesso

che mi fa chiedere di continuo:

come posso trattar con sufficienza

ciò che non è sufficiente

ad esser trattato in tal modo?

E se nessuno ascolta,

se nessuno sente,

posso solo continuare a suonare

la cantilena delle mie idee,

in un luogo calmo,

in un luogo sicuro,

in un luogo in cui

fuochi in lontananza mangiano aria

ripulita dagli alberi

nutriti dall’acqua

scaldata dal sole.

La banalità non è una risposta possibile

Questa poesia non tratta niente di nuovo; ne hanno parlato in molti del tema della complessità e del suo progressivo diminuire all’interno dell’informazione pubblica o più in generale della comunicazione digitale (ciò che intendo identificare è una moda, non un assoluto).

Vengono i brividi quando si usano termini come “professorone” per parlare di accademici o intellettuali che trattano un tema in modo specifico, c’è una certa classe politica che usa spesso questo espediente, che a quanto pare genera molto consenso nell’elettorato.

Ogni ambiente ha i propri usi e costumi e dovremmo il più possibile, attenzionando e selezionando, capire come trattare quell’ambiente.

C’è un bellissimo film del 2021 “Don’t Look Up” in cui il problema della complessità è affrontato parlando dell’informazione pubblica, della classe politica e di quel populismo che ad oggi è tanto in voga.

Nel film dei fisici sono chiamati a parlare in un noto telegiornale americano di una catastrofe imminente (che qui non vi svelo per non rovinarvi la visione del film). Ebbene, il dialogo è reso “fresco”, “leggero”, “facile” da quei presentatori che di complessità non hanno mai sentito parlare. Non vi rivelo altro, vi lascio con una domanda: se sapessimo di trovarci sul baratro della fine, sull’orlo dell’estinzione, siamo sicuri che sapremmo trattare nel modo giusto una complessità di quel tipo?

fonte immagine: “Giardino delle delizie” di H. Bosch