brana universi

I brana universi: nel mio precedente articolo ci eravamo lasciati con questo dubbio…

Abbiamo un modo di provare l’esistenza dei brana-universi (multiversi)? Se essi esistono davvero, perché non possiamo vederli?

Questa visione dell’Universo potrebbe contribuire a risolvere uno dei grandi misteri della scienza che riguarda la gravità. Si pensa, infatti, che la gravità sia incontrastabile, ma in realtà è una forza alquanto debole.

Come mai la gravità è così debole rispetto alle altre tre forze della natura?

La teoria delle stringhe, grazie alle sue membrane e dimensioni extra, sembra offrire un nuovo modo di affrontare il problema

Immaginiamo, ad esempio, un tavolo da biliardo. La sua superficie a due dimensioni rappresenta il nostro Universo tridimensionale e le biglie sono gli atomi e le particelle.

L’idea introdotta dall’astrofisica Lisa Randall è che gli atomi e le particelle che compongono la materia risiedono sulla nostra brana, ossia sulla nostra fetta di universo, allo stesso modo delle biglie sulla superficie del tavolo da biliardo. Quando le biglie si scontrano si generano onde sonore che si diffondono nello spazio. La gravità potrebbe agire analogamente alle onde sonore e non restare confinata nella nostra brana, ma diffondersi, perciò, oltre il nostro “universo-brana”. Diffondersi dove? Verso altri universi (multiverso).

Dunque, secondo la teoria delle stringhe, le particelle responsabili della gravità, chiamate gravitoni, avrebbero la forma di anelli chiusi a differenza delle stringhe aperte, associate alle altre particelle.

Le stringhe ad anello che formano i gravitoni non hanno estremi che le ancorino. Quindi questi gravitoni sono liberi di viaggiare verso altre dimensioni (multiverso) attenuando l’intensità della forza gravitazionale e facendola sembrare più debole rispetto alle altre tre forze fondamentali. Questa ipotesi apre una prospettiva affascinante perché se è vero che il nostro cosmo giace su una brana e se esistono universi paralleli (multiverso) su altre brane accanto alla nostra, forse non li vedremo mai, ma potremo un giorno percepirli per mezzo della gravità.

A caccia di gravitoni

Ma siamo proprio sicuri che l’Universo sia così come lo descrive la teoria delle stringhe? Davvero il mondo è fatto di stringhe, membrane o universi paralleli (multiverso) e dimensioni extra (multiverso a più dimensioni)?

Oggi i fisici sono impegnati nella verifica sperimentale delle equazioni della teoria delle stringhe altrimenti non potremo più parlare di scienza, ma di filosofia. Forse un giorno troveremo qualche indizio dell’esistenza delle stringhe non solo nello spazio, ma anche sulla Terra.

Ad esempio nei laboratori dove sono in funzione gli acceleratori di particelle. Infatti, facendo collidere fasci di particelle, di solito protoni, si ottiene uno sciame di particelle esotiche e tra queste si spera di osservare il gravitone.

L’idea è quella di individuarlo nel momento della sua fuga in qualche dimensione extra attraverso un dispositivo che segnali la sua assenza. Purtroppo questo evento non si è ancora verificato, ma ci si aspetta molto dagli esperimenti che saranno realizzati all’LHC presso il CERN di Ginevra.

Differenze tra il modello standard e il modello a brane

Paul J. Steinhardt  e Neil Turok partono dal fatto che non esiste una teoria o un modello che spieghi che cosa abbia causato il Big Bang, anche se le recenti formulazioni matematiche della cosmologia di stringa descrivono la singolarità iniziale come un momento di transizione nella storia dell’Universo.

In maniera brillante ed eloquente, Steinhardt e Turok criticano il modello cosmologico standard e presentano una descrizione alternativa assumendo che il Big Bang sia solo un momento di transizione nell’infinita serie di collisioni tra due membrane, o brane, su una delle quali risiede il nostro Universo e sull’altra un universo parallelo (multiverso). Tutto questo dà luogo ad una sorta di universo ciclico.

I due modelli hanno molto in comune perché entrambi concordano sul fatto che l’Universo si sia espanso negli ultimi 14 miliardi di anni. Sono in accordo anche su come si sono formate le stelle e le galassie. Tuttavia i due modelli vanno in contrasto su ciò che riguarda lo stato fisico dell’Universo prima del Big Bang.

Di fatto, il modello cosmologico standard ammette la singolarità come punto di partenza da dove hanno avuto origine lo spazio, il tempo, la materia e l’energia. Il modello ciclico ammette ancora il Big Bang che, però, non rappresenta l’inizio dello spazio e del tempo. Secondo Steinhardt e Turok, non c’è stato solamente un “bang” nella storia dell’Universo, ma tanti “big bang” che si ripetono ciclicamente con un tempo scala di 1000 miliardi di anni, ciascuno dei quali è caratterizzato dalla creazione di materia ed energia e dalla successiva formazione di nuove stelle, galassie, pianeti e, forse, della vita stessa. Dunque il nostro Universo sarebbe quello prodotto dall’ultimo ciclo di una collisione avvenuta tra due membrane.

Attendiamo suggerimenti dai telescopi spaziali

Come facciamo, quindi, a discriminare tra questi scenari cosmologici? Quale modello è quello più vicino alla realtà? In generale, cosa può fare un modello?

Ogni teoria sullo spazio-tempo deve essere coerente con ciò che siamo in grado di osservare nell’Universo. Ancora non siamo in grado di dare un giudizio definitivo supportato da una teoria corretta e coerente. I telescopi spaziali Hubble e Webb ci stanno fornendo dati non attesi che stanno rivoluzionando quanto credevamo fosse stabilito. Dobbiamo ancora aspettare nuove informazioni che i futuri (molto prossimi) telescopi spaziali sapranno raccontarci sulle origini dell’Universo.