L’astrobiologia ha assunto una dignità scientifica solo negli ultimi anni, intorno alla fine del secolo scorso. Nota anche come Bioastronomia o Esobiologia, è stata accettata solo nel 1979 dall’Unione Astronomica Internazionale (IAU), l’organizzazione mondiale che riunisce gli astronomi professionisti.
L’astrobiologia si occupa dei processi fisici e chimici, quindi biologici, connessi con la vita, ma che possono avvenire nello spazio e negli ambienti planetari.
All’assemblea generale di Montreal (1979) gli astronomi di diverse commissioni scientifiche si sono riuniti, per la prima volta. La discussione aveva come tema della ricerca della vita nell’Universo.
In seguito all’insperato successo della riunione, nella successiva Assemblea generale a Patrasso (1982) è nata la Commissione 51, denominata: Bioastronomy: Search for Extraterrestrial Life[1].
Da allora questa Commissione ha riunito gli scienziati di ogni disciplina interessati alla questione.
Tra gli altri, alcuni gruppi di biologi hanno formato società interessate al tema, quali l’ISSOL (Società Internazionale per lo Studio dell’Origine della Vita). Nel 2002 è nata la prima società europea di Astrobiologia (EANA: European Exo-Astrobiology Network Association) che include ricercatori di diverse aree scientifiche.
Il dibattito sull’universalità della vita
In un lavoro (Astrobiologia: Le frontiere della vita) dell’astronomo Giuseppe Galletta e della naturalista Valentina Sergi ci viene raccontata la storia e l’evoluzione del pensiero in merito all’universalità della vita.
Anche se soltanto nel XXI secolo la ricerca della vita extraterrestre ha rivestito una dignità scientifica, l’idea che esistano altri mondi abitati risale ai greci. Democrito (460-370 a.C. circa) sosteneva che tutto l’universo fosse composto dalle stesse particelle elementari, gli atomi. Epicuro (341-270 a.C.) parla di un universo in cui infiniti atomi possono generare infiniti mondi.
Prima di lui, però, Aristotele (384-322 a.C.) aveva negato l’esistenza di altri mondi. Questo era dovuto all’azione divergente della terra (verso il basso) e del fuoco (verso l’alto) rispetto a quella convergente dell’aria e dell’acqua (verso posizioni intermedie).
In epoca romana (tempi di Giulio Cesare) Lucrezio (98/94 a.C.-50/55 a.C.) nel poema De Rerum Natura parte dall’idea epicurea che il cosmo sia costituito da particelle eterne e immutabili. Queste che si associano e che si scompongono per formare tutte le cose. Lucrezio tra da questo concetto di infinito la conclusione che anche la vita, formata dagli atomi, sia presente in tutto l’Universo.
Tuttavia il pensiero di Aristotele sull’Universo continuerà ad influenzare – purtroppo – tutta la cultura cristiana ed europea per quasi 2000 anni. Pochi furono i contrasti alla teoria euclidea, tra questi i più noti sono quelli avanzati da Nicolò Copernico (1473-1543), Giordano Bruno (1548-1600), Galileo Galilei (1564-1642).
Solo dopo la nascita del metodo scientifico sperimentale definito da Galilei e dopo l’affermarsi delle idee nate con la rivoluzione francese, numerosi filosofi e scienziati, quali Renato Cartesio (1596-1650), Christian Huygens (1629-1695), François Voltaire (1694-1776) ed altri iniziano a sostenere nei loro scritti che l’universo contiene altri mondi simili alla Terra e dotati di vita.
Il sostegno darwiniano
Questo fenomeno della possibilità di vita extraterrestre porta ad un bivio:
- se esso sia una prerogativa del nostro pianeta;
- se esso possa essere il risultato di leggi fisiche e chimiche che, essendo universali, possono realizzarsi altrove nel cosmo.
Una pietra miliare in questo campo è rappresentata dall’opera di Charles Darwin (1809-1882), L’origine della specie. Questa introduce l’idea di una vita che può trasformarsi ed evolversi da organismi semplici verso organismi più complessi, formando specie diverse di animali e piante. Questa evoluzione tramite il meccanismo della selezione naturale.
Anche la teoria darwiniana, naturalmente, viene contrastata da altri pensatori suoi contemporanei. Anche attualmente vi sono fermi oppositori (fortunatamente sempre meno e sempre più isolati) perché va contro l’idea di una creazione divina in cui ogni specie possiede oggi la stessa forma con cui è stata concepita dalla Genesi.
Contemporaneamente, l’applicazione delle tecniche di spettroscopia nell’Astronomia mostra che nelle stelle e nell’intera Galassia si trovano diffusi gli stessi elementi chimici della Terra.
A differenza della teoria dell’evoluzione biologica, questa scoperta viene accolta in maniera positiva senza creare grandi dibattiti o polemiche. Astronomi come il britannico Richard Proctor (1837-1888) e il francese Camille Flammarion (1842-1925) scrivono, senza creare scandalo, libri su come possano esistere mondi abitati nel nostro Sistema Solare. Forse da cui possiamo pensare all’inizio dell’astrobiologia.
Sempre nello stesso periodo Louis Pasteur (1822-1895) dimostra che la vita non può generarsi spontaneamente dalle cose inanimate, ma deriva sempre da altra vita. La Terra, quindi, come avrebbe potuto produrre vita essendo fondamentalmente inanimata? Quale altra vita, quindi?
Quale altra vita?
Una vita nata altrove! Diversi scienziati come William Thomson, noto come Lord Kelvin (1824-1895) arrivano a sostenere che frammenti di corpi extraterrestri portino occasionalmente germi dallo spazio.
Su questa linea troviamo lo svedese Svante Arrhenius (1859-1927) avanzando l’ipotesi che la vita possa viaggiare attraverso lo spazio interstellare spinta da quella piccolissima pressione generata dalla luce solare e dalle stelle. Questa ipotesi prende il nome di Panspermia.
Oltrepassata la metà del ‘900, l’ipotesi della panspermia viene rafforzata ad opera dei biologi Francis Crick (1916-2004) e Leslie Orgel (1927-2007). Essi scrivono che la vita possa essere trasmessa da un pianeta all’altro volontariamente quindi Panspermia diretta. Questa azione può avvenire tramite navi spaziali in grado di portare al loro interno numerosi microrganismi. Siamo alle prime tappe dell’astrobiologia.
Nell’articolo da loro scritto si nota che la vita extraterrestre ha due stranezze:
- la prima è rappresentata dalla presenza negli organismi viventi di sostanze come il molibdeno[2], utile nelle reazioni enzimatiche, ma molto raro sulla Terra;
- altre sostanze più abbondanti negli organismi viventi sono assolutamente inutili per la vita.
Se la vita fosse nata sulla Terra, sostengono Crick e Orgel, dovrebbe, almeno in parte, rifletterne la composizione chimica.
Inoltre, il fatto che il codice genetico sia uguale per tutti gli organismi viventi non si adatta all’idea che la vita possa essere nata qui in un’unica forma, senza varianti, ma è in accordo con l’idea di un precursore unico, che potrebbe essere di origine extraterrestre. In tal caso, esso sarebbe solo una delle tante possibili forme di vita esistenti nell’universo.
I tempi attuali
Gli anni che seguono sono prolifici di ipotesi e scoperte che incrementeranno l’interesse sulla discussione intorno alla domanda se la vita terrestre sia un fenomeno unico oppure se raffiguri una delle tante forme presenti nell’universo.
Il progredire della biologia e la nascita della biochimica hanno l’effetto di spostare la discussione da come sia nata la prima cellula a come si sono formate le molecole che rappresentano le basi biochimiche della vita: l’RNA e il DNA (acidi nucleici) e gli amminoacidi.
Contemporaneamente, l’esplorazione dei fondali oceanici, delle zone vulcaniche, del sottosuolo e dello spazio circumterrestre mostra che le forme di vita che conosciamo possono resistere a condizioni ambientali molto diverse da quelle della superficie del nostro pianeta.
L’Astronomia scopre che i processi fisici e chimici con cui nascono e si propagano gli atomi e le molecole hanno un ciclo che abbraccia l’intera nostra galassia, la Via Lattea.
Conclusione
Nel mio numero precedente ho parlato dell’importanza della chimica nell’origine di ogni cosa, cominciando dai primi elementi, agglomerati di materia fino anche alle primissime forme di vita.
In qualche altro articolo futuro parlerò dei vari aspetti che legano la vita come la intendiamo noi con la nascita degli elementi chimici e della loro evoluzione combinativa.
[1] Biostronomia: Ricerca della Vita Extraterrestre
[2] Il molibdeno è l’elemento chimico di numero atomico 42 (gruppo 6 della tavola periodica) e il suo simbolo è Mo.