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LA ECOSOFIA DI ARNE NAESS

Il filosofo norvegese Arne Naess fin dagli anni ’60 ha cercato di sviluppare il concetto di ECOLOGIA PROFONDA, ovvero l’idea di non fermarsi alle apparenze ed accontentarsi di una visione limitata dalle necessità urgenti relative all’ambiente, ma di approfondire la questione etico-ecologica allargando lo sguardo al “tutto”, un Tutto di cui l’essere umano è soltanto una parte. Purtroppo, al giorno d’oggi, i motivi che ci costringono ad approcciarci all’ecologia per ragioni di sopravvivenza, sono relativi ai problemi legati all’innalzamento climatico con tutte le sue conseguenze, ma Arne Naess utilizzava il termine ECOSOFIA già negli anni ’60, fornendo la chiave per osservare l’universo da un’altra prospettiva. Chi siamo noi per cambiare le cose a nostro piacimento, ignorando le necessità della natura e ‘fregandocene’ del rispetto per la vita che ci circonda? Perché continuiamo a pensare di essere autorizzati a modificare la naturale armonia dell’ecosistema?

Cosa ci spinge a pensare di poter decidere le sorti del pianeta?

L’invito è quello di fermarci un minuto a riflettere, respirare a lungo prima di rispondere che noi non c’entriamo nulla, anche perché non è così. Ognuno di noi può essere partecipe di un cambiamento di mentalità in vista di un recupero della buona coscienza, quella che ci ispira a fare delle buone scelte e a tenere un buon comportamento. Arne Naess suggeriva di osservare il mondo intorno a noi considerando di esserne una piccolissima parte, soprattutto dedicò i suoi sforzi nel modificare l’approccio all’ecologia non rimanendo fossilizzati su quella che lui definiva “ecologia superficiale” ovvero quella relativa soltanto all’inquinamento o all’esaurimento delle risorse, in pratica ai vari problemi materiali che denotano comunque una sorta di antropocentrismo. Sono problemi che diventano importanti soltanto perché ci toccano da vicino e minacciano il nostro stile di vita, ma in realtà se non ci coinvolgono direttamente, raramente ci interessano.

Naess, l’onnipotenza e la visione antropocentrica

Alpinista, sherpa, scrittore e filosofo Arne Naess conia questo termine a partire dal termine greco oikos- casa, ambiente naturale dal quale deriva la parola ECO, e dalla parola sophia-conoscenza,sapere. Egli immagina di poter accedere ad una conoscenza che è della nostra Casa, cerca di coniugare i due termini dando una accezione unica e particolare alla parola ecosofia, ovvero la saggezza dell’ambiente. Una saggezza naturale e spontanea dalla quale la famiglia umana può solo imparare qualcosa.

La sua ipotesi filosofica si basava sull’idea di sforzarsi di sentirsi solo una parte del Tutto e non certo il centro da cui ogni cosa dipende, uscendo dalla concezione di essere l’occhio che guarda il Tutto, per entrare invece nell’ottica di “essere parte di questo Tutto”. Questo cambio di paradigma è il fondamento dell’ecologia profonda che ispira tutti noi a lasciare la prospettiva ANTROPOCENTRICA, lasciare il punto di vista di imperturbabili osservatori esterni, lasciare per un momento tutti i telescopi e i microscopi con cui noi umani guardiamo l’universo pensando di essere gli unici possessori della verità, di essere gli unici abilitati a decidere dei miliardi di vite all’interno dell’ecosfera.

Naess ci indica la strada per scendere in profondità sentendoci una parte del Tutto e assumendo un comportamento rispettoso verso ogni cosa, ogni essere vivente piccolo o grande che sia. La sua filosofia ci ispira nel considerare una visione integrale in cui noi esseri umani siamo solo una piccolissima parte dell’ambiente, una piccola parte della natura che ci circonda, una piccola parte della famiglia umana e della società.

Questi d’altronde sono anche i principi e i valori dell’ecologia integrale.  

APPLICAZIONI PRATICHE DI ETICA DELLA SCIENZA

Essere consapevoli di essere una comparsa tra le tante e non credere di essere l’unico protagonista, ci permette di ritrovare un equilibrio perduto e ci mostra il vero senso del ruolo che noi esseri umani dovremmo avere in questo nostro meraviglioso mondo.

Accettare noi stessi e rispettare la dignità di ogni essere sulla terra dovrebbe essere un principio da non sottovalutare mai. Utile soprattutto per non cadere nell’ errore di sentirci onnipotenti.

Una delle tante implicazioni filosofiche etiche ed estetiche della “Ecologia profonda” di Naess, ci permette di osservare come al giorno d’oggi ci sia l’urgenza di recuperare una morale perduta, forse dimenticata. L’etica della scienza riguarda infatti ogni aspetto della morale che ogni scienziato dovrebbe seguire, sia nella ricerca e sia nella applicazione pratica di ciò che sta studiando. Si considera, dal punto di vista etico, l’uso sociale che si fa della scienza con tutte le sue implicazioni, mi riferisco, ad esempio, al sistema sanitario all’interno del quale si è perduta completamente la dimensione etica e il rispetto della persona. Il lavoro all’interno dei nostri ospedali trasforma il medico in un meccanico che deve riparare qualcosa che non funziona e il malato in un numero.

Pronto soccorso del Cardarelli di Napoli intasato, i medici si dimettono in  massa - HuffPost Italia

ETICA E CHIRURGIA PLASTICA: si è perso il valore della dignità umana

Molteplici e talvolta sconosciute sono le conseguenze a valle delle scelte di chi applica materialmente i risultati delle scoperte scientifiche e lavora nei diversi ambiti della scienza: spesso nei social mi trovo a commentare negativamente articoli su interventi orripilanti di chirurgia plastica, non prendendomela certo con le povere vittime del botox o del silicone, ma con i medici chirurghi che arrecano dei danni irreparabili con le loro promesse di eterna bellezza (oramai il 99% delle volte, si vedono dei veri e propri disastri sulle facce di chi si è affidato alle loro mani, magari confidando nella scienza).

Chirurgia plastica: attenti ai finti “maghi” del bisturi

Il rapporto tra scienza e società va riletto alla luce dei nuovi valori etici riguardanti il rispetto della persona (non mandandola in giro come un mascherone). Urge il recupero di una coscienza attiva da parte dei medici, una coscienza sana che impedisca loro di continuare a deturpare la gente senza caricarsi del peso della riuscita negativa degli interventi plastici. Un bel libro di “Etica della Scienza” andrebbe regalato ad ogni chirurgo plastico in modo da risvegliare in lui il principio ispiratore per il quale si è iscritto alla facoltà di medicina da giovane. La filosofia in molti casi agisce da sprone per un decisivo cambiamento di paradigma. Occorre risvegliare i valori che lo hanno motivato a studiare spinto dall’esigenza di salvare vite e di fare del bene. Chiariamo decisamente che deturpare non è fare del bene, questo dovrebbe essere più che palese a chi tiene in mano un bisturi.