Amore è sperare: breve viaggio nei sentimenti
Amore è sperare: se tutto si muove secondo necessità, tutti agirebbero o solo per istinto o per calcolo. Eppure la natura umana è capace del bene più puro secondo una legge morale indipendente dall’animalità e dal mondo sensibile. Una realtà trascendente, una vita altra, una vita spirituale che non potrebbe rinunciare a quei principi morali senza i quali appariremmo spregevoli ai nostri stessi occhi. È una legge morale viva in noi, altrimenti non inorridiremmo davanti alle morti e alla desolazione delle guerre, davanti agli omicidi e alle violenze contro qualsiasi essere vivente, alla distruzione dell’equilibrio del nostro ecosistema terra. Nasce così il sentimento della speranza che è un inno alla vita. Lo stesso Giacomo Leopardi definisce la speranza come una passione, un modo di essere, inseparabile dal sentimento della vita. “Io vivo, dunque io spero” scrive.
Quindi sperare è un atto d’amore verso il futuro e una scelta volontaria di tenere testa alle avversità e all’egoismo che generano incomprensioni, dissidi, contrasti e allontanano dall’amore. È un prendersi cura del futuro. Amare è un prendersi cura, è un desiderio di provare e far provare bene e felicità. Ma è anche fondersi nell’altro senza celare un interesse mascherato, senza nascondere un falso bene. Come si sa, amare è anche inteso come provare amor platonico o idealizzare l’altra o l’altro, mentre c’è chi distingue tra l’amore sacro e profano o secolare, tra quello romantico e quello semplicemente carnale. C’è chi prova l’amore divino, chi quello eterno e chi lo nega. Quanti altri tipi d’amore esistono in questa nostra cultura edonistica e votata al profitto a tutti i costi? C’è anche chi dice di amare il proprio lavoro. A ciascuno il suo. Amare è un duro lavoro dell’esistenza comunque.
Con questo articolo iniziamo un breve viaggio nell’amore e in alcuni modi di esprimerlo con la poesia.
QUI TI AMO di Pablo Neruda
Negli oscuri pini si districa il vento.
Brilla la luna sulle acque erranti.
Trascorrono giorni uguali che s’inseguono.
La nebbia si scioglie in figure danzanti.
Un gabbiano d’argento si stacca dal tramonto.
A volte una vela. Alte, alte stelle.
O la croce nera di una nave.
Solo.
A volte albeggio, ed è umida persino la mia anima.
Suona, risuona il mare lontano.
Questo è un porto.
Qui ti amo.
Qui ti amo e invano l’orizzonte ti nasconde.
Ti sto amando anche tra queste fredde cose.
A volte i miei baci vanno su quelle navi gravi,
che corrono per il mare verso dove non giungono.
Mi vedo già dimenticato come queste vecchie àncore.
I moli sono più tristi quando attracca la sera.
La mia vita s’affatica invano affamata.
Amo ciò che non ho. Tu sei cosi distante.
La mia noia combatte con i lenti crepuscoli.
Ma la notte giunge e incomincia a cantarmi.
La luna fa girare la sua pellicola di sogno.
Le stelle più grandi mi guardano con i tuoi occhi.
E poiché io ti amo, i pini nel vento
vogliono cantare il tuo nome con le loro foglie di filo metallico.
Neruda nel verso “Amo ciò che non ho” ci svela un passaggio al mondo dei desideri e per definizione alle alte vette inarrivabili delle stelle del firmamento. “Ad sidera” è tendere alla meraviglia che solo il cielo potrà soddisfare. Inarrivabile. Trascendente. Sublime.
Ivana Sorce