L’avere scoperto che esistono altre galassie al di fuori della nostra ha comportato una profonda revisione sul concetto di distanza.
(estratto e curato dal sito: http://www.brera.inaf.it/~covino/DVG/NEW/A5001GAL.HTM)
Le scale di distanza in astrofisica
Gli astronomi ricavano le distanze delle galassie e degli astri con metodi diretti (per gli astri più vicini) o indiretti, attraverso l’uso degli indicatori di distanza. Gli indicatori di distanza sono corpi celesti dalle proprietà particolari, che consentono di ricavare la loro distanza in maniera abbastanza precisa.
Per esempio, un ottimo indicatore è la supernova: se si osserva una supernova in una galassia, si calcola dalla distanza della supernova.
Una delle fondamentali scoperte della cosmologia moderna è che tutte le galassie si stanno allontanando l’una dall’altra con una velocità relativa V. Tanto maggiore è V, tanto più distanti sono le galassie tra loro. Questo fatto è espresso dalla legge di Hubble.
Un metodo di misura attendibile della distanza delle galassie rispetto a noi è di fondamentale importanza per ricavare il valore della costante di Hubble, mentre la loro velocità si può ricavare dal red shift (=spostamento verso il rosso) dello spettro.
Lo spostamento verso il rosso (red shift) è il fenomeno per cui la luce emessa dall’astro in allontanamento ha una lunghezza d’onda maggiore di quella che aveva all’emissione. Ciò equivale a dire che nel caso della luce il colore va nella direzione dov’è il rosso, l’estremo inferiore dello spettro visibile. In generale, un red shift significa un aumento della lunghezza d’onda ed un allontanamento di tale astro da noi.
Al contrario, si ha il cosiddetto spostamento verso il blu (blueshift) quando la lunghezza d’onda diminuisce. Ciò si verifica quando una sorgente di luce si muove verso un osservatore (avvicinamento) o quando la radiazione elettromagnetica entra in un campo gravitazionale.
Ogni indicatore di distanza, prima di poter essere usato, deve essere calibrato mediante altri indicatori più elementari. I più semplici indicatori di distanza sono le stelle giovani e luminose che si trovano nei dintorni del Sistema Solare. Essendo vicine a noi, le distanze di queste stelle possono essere ricavate usando metodi geometrici come la parallasse.
Altri indicatori sono quelli della magnitudine assoluta e dallo studio delle stelle variabili Cefeidi,
Le Cefeidi vengono usate per ricavare le distanze di galassie vicine. Si tratta di stelle giganti molto luminose e visibili anche a distanze di una decina di milioni di anni luce e più.
Indicatori di distanza secondari sono le novae e le supernovae, stelle che esplodono raggiungendo luminosità molto elevate.
Gli ammassi di galassie
Le strutture dell’universo mostrano una tendenza a raggrupparsi seguendo una gerarchia: i pianeti in un sistema planetario, le stelle in ammassi, gli ammassi in galassie. Allo stesso modo, anche quest’ultime tendono ad unirsi in gruppi di qualche decina di membri. A loro volta, più gruppi si riuniscono in ammassi di galassie, i quali, insieme ad altri ammassi, formano superammassi.
La nostra Galassia fa parte del Gruppo Locale, uno dei gruppi di galassie più scarno. Infatti, due sole dominano il Gruppo Locale, la nostra e M31 (la galassia di Andromeda), che insieme costituiscono circa l’80% della massa del sistema.
Le altre galassie sono più piccole, come la spirale M33, o addirittura satelliti delle più grandi. Per esempio, la Piccola e la Grande Nube di Magellano sono due satelliti della nostra, che si trovano a 180.000 anni-luce da noi. Il Gruppo Locale ha un diametro di circa 5-6 milioni di anni luce.
Gli ammassi di galassie sono già noti dagli anni ’30. Il primo è stato scoperto nella costellazione della Chioma di Berenice e prende il nome di ammasso della Chioma. Essa si trova ad una distanza di 350 milioni di anni-luce e comprende un migliaio di galassie.
L’ammasso più ricco è quello della Vergine, nell’omonima costellazione, che contiene 2500 galassie, e si trova a 50 milioni di anni luce da noi. Il diametro dei più grandi ammassi di galassie è intorno ai 60 milioni di anni luce. Spesso non è facile determinarne i confini, perché la densità di galassie diminuisce gradualmente verso l’esterno e spesso un ammasso si confonde con quello vicino.
Vediamo ammassi regolari, di forma sferoidale, che contengono galassie ellittiche ed ammassi irregolari, somiglianti agli ammassi aperti di stelle e contengono galassie di ogni tipo.
Le galassie di un ammasso sono immerse in un alone di gas caldissimo, che emette radiazione nella banda dei raggi X.
Le galassie sono dotate di un moto all’interno dell’ammasso, e a volte interagiscono scontrandosi tra loro. Spesso al centro di questi ammassi si trova una galassia ellittica gigante. In origine questa era probabilmente una galassia di dimensioni normali, ma a causa delle collisioni con altre galassie ha cominciato a fondersi con esse inglobandole. Questo è il fenomeno che viene detto cannibalismo galattico. I processi di interazione tra galassie sono molto violenti e coinvolgono grandi quantità di energia. Sembra che le galassie interagenti abbiano avuto (e abbiano tuttora) un ruolo fondamentale nell’evoluzione dell’Universo.
Gli ammassi di galassie tendono a volte a raggrupparsi in superammassi. Il Gruppo Locale, per esempio, fa parte di un superammasso con la forma di un ellissoide schiacciato. Il suo centro corrisponde all’ammasso della Vergine e il cui diametro raggiunge i 100 milioni di anni luce. L’analisi del red shift del loro spettro mostra che, sovrapposto al moto generale di espansione dell’universo, esiste un moto proprio delle galassie e degli ammassi. Essi tendono a muoversi verso un punto dello spazio dove si pensa esista una enorme concentrazione di materia, detta Grande Attrattore. Questo esercita una grandissima attrazione gravitazionale sulle galassie, anche a distanze elevate.
ATTENZIONE – Con questo articolo termina la chiacchierata che prelude il tour astronomico che, come evento, andremo a realizzare prossimamente (1-2 mesi). Quindi, cari lettori, documentatevi se la materia è di vostro interesse perché nel corso dell’evento ne riparleremo...
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di Stefano Dottori