“2001 Odissea nello Spazio” è un’analisi critica del film fatta da Ambra Mattioli pubblicata in un articolo pubblicato nel 2016 sulle pagine di davidbowieblackstar.it.
I lettori hanno imparato a conoscere Ambra Mattioli nei precedenti articoli pubblicati su www.arcipelagocanarie.eu, come l’intervista video che le feci per aver vinto il concorso “stelle e dintorni” con il racconto breve E.R.B.A.
Ho chiesto e ottenuto il permesso di pubblicare questa sua disamina critica sul nostro giornale per permettere a coloro che, come me, non si vergognano di ammettere di non aver capito questo capolavoro di Stanley Kubrick.
Il mio sospetto è che molti, come me, non considerino “2001 Odissea nello Spazio” una delle loro pellicole favorite, pur riconoscendone il valore artistico. E questo proprio perchè molto ermetica. La stessa Ambra Mattioli afferma infatti che:
2001: A Space Odyssey“… rappresenta un viaggio iniziatico all’interno dell’uomo-dio, ovvero nell’infinito fatto uomo…
Però dopo aver letto questo articolo, sono certo che cambierete idea proprio come me e rivedrete il film con occhi decisamente nuovi.
Ambra mi ha detto di aver organizzato in passato anche delle visioni guidate del film, durante il quale bloccava la riproduzione per spiegare passo passo i punti salienti. Il mio rammarico è di non aver mai partecipato a questi incontri.
Una piccola precisazione: per motivi “logistici” ho dovuto stralciare alcuni paragrafi dell’articolo originale. Se vorrete potrete trovarli sul blog di Ambra Mattioli al link 2001 a Space Odyssey. Insights by Ambra Mattioli.
Ma adesso lascio lo “spazio”, è il caso di dirlo, alla mia amica e al suo articolo.
“2001: Odissea nello Spazio”. di Ambra Mattioli
Aggiornamento: 18 gen 2022
Mi piacerebbe prendervi sottobraccio per accompagnarvi dolcemente attraverso il fantastico viaggio che è la vita stessa, la vita di ciascuno di noi, che a volte ci appare incomprensibile proprio a causa della sua assoluta, disarmante semplicità. Più avanti vi parlerò di Bowie, ma per farlo dobbiamo partire da un punto nel tempo molto ben delineato e circoscritto.

Quando nel 1968, Stanley Kubrick, pubblicò “2001 Odissea nello Spazio“, che come altri classici del passato (Odissea, Eneide, Divina Commedia), rappresenta un viaggio iniziatico all’interno dell’uomo-dio, ovvero nell’infinito fatto uomo. Perdonate anche se a tratti dovrò inserirmi come parte attiva in questo nostro viaggio-guidato
– Considerazioni sulle soluzioni scenografiche e cinematografiche.
Quale è la differenza sostanziale tra un romanzo in forma scritta e un film? La letteratura si basa principalmente sull’intelligenza comprensiva che avvalendosi dell’uso della parola e della metafora, trasmette alla banca dati, la nostra memoria, i significati che evocano reazioni ed emozioni. Il cinema funziona al contrario. Si viene sommersi da immagini che si legano ad altre emozioni che forse alla fine ti permetteranno di tradurre (tradire) il tuo pensiero in parole e significati.
È abbastanza evidente comprendere la differente genesi del fascino che appaga il lettore piuttosto che lo spettatore. Il testo ti induce una reazione che viene confrontata con quella già posseduta nella memoria del lettore il quale potrà alterarne o ampliarne il significato, ma anche stravolgerlo o sostituirlo del tutto. La risultante di questo conflitto è appunto l’emozione che ne scaturisce. La fluidità di immagini che si susseguono durante una proiezione, non deve essere necessariamente legata a una immediata comprensione, tant’è che ciò che giunge immediato di solito è solo la parvenza di significato, dato che si tratta solo di una sensazione ancora da configurare.
È quando cerchiamo a tutti i costi di attribuire valori logici e letterari a queste emozioni che scopriamo il vaso di Pandora e tutto si appiattisce si uniforma; è in quel momento che ci vergogniamo di aver pianto nella penombra della sala per una commozione improvvisa che non abbiamo saputo tenere sotto controllo. La razionalizzazione è appunto ciò che dovremmo lasciare fuori della sala almeno per quelle due ore di proiezione.
Kubrick applica la considerazione sopra descritta.
– Il valzer del Bel Danubio Blu di Strauss.
Una lunga sequenza di immagini di evoluzioni spaziali compiute da veicoli è commentata da una colonna sonora che sorprende per la sua maestosità.
Le circonvoluzioni delle astronavi sembrano ridurre a semplici giri di valzer le reali complessità di tali manovre; è come se il regista volesse porre l’accento sulla noiosa banalità della vita in un ambiente totalmente estraneo all’uomo ma che al momento è comunemente interpretato come “casa”. Il contrappunto musicale è un’armonia che presenta un duplice aspetto. Di solito due strumenti che si rincorrono o che si contrappongono. In lirica sono due voci che dialogano. In cinematografia può anche essere una scena triste commentata da una musica solare o viceversa.
Questo fatto fa scaturire un dialogo inconscio nell’osservatore, forse la doppia analisi ed il contrasto diviene interessante quando si cerca di capire perché siamo rimasti tranquilli al nostro posto oppure ci siamo turbati. Alcune idee molto complesse, difficili da esprimere a parole, possono essere meglio presentate attraverso l’uso di suoni, che aggirano l’interpretazione razionale e si stagliano sulla soglia dell’intuizione propria di ognuno. E allora, bypassiamo il cervello razionale!
continua…