2001 odissea

2001 Odissea nello Spazio 3 è la terza e ultima parte dell’articolo di Ambra Mattioli sul film di Stanley Kubrick.

Per coloro che non avessero letto le parti precedenti, riporto qui i link al nº13 di arcipelagocanarie.eu “2001 Odissea nello Spazio” una disamina di Ambra Mattioli per la prima parte e al nº14 per la seconda: “2001 Odissea nello Spazio 2” .

Ricordo che sia la Redazione di arcipelagocanarie.eu sia l’autrice Ambra Mattioli, direttamente sul suo blog, sono disponibili per confrontrarsi con coloro che volessero commentare questo articolo. Potete farlo sia in calce all’articolo, sia scrivendo una mail all’indirizzo arcipelagocanarie2020@gmail.com.

Ed ora buona lettura.

– Seconda parte. La base Lunare. Fase dell’intelletto.

L’ambientazione è la luna colonizzata. L’osso lanciato in aria dalla scimmia si trasforma in tecnologia, saltando a piè pari (magistralmente) 50.000 anni di evoluzione dell’uomo. La musica auto-celebra la sua grande magnificenza. Ma il problema del territorio è lo stesso. Invece dell’acqua, le nuove tribù si contendono la conoscenza (potere tecnologico) e al posto dei brontolii di minaccia si apostrofano con frasi taglienti. Ancora l’uomo è a un passo dall’autodistruzione .

Il Monolite. La curiosità intellettuale spinge l’uomo a seguire il segnale elettronico emesso dal monolite che per 50 milioni di anni è rimasto sepolto e inattivo 12 metri sotto la superficie del cratere lunare Tycho. Esso rappresenta un rompicapo che non si può scandagliare, tagliare, analizzare e le cui dimensioni sono un altro rompicapo: I quadrati di 1 di 2 e di 3. L’uomo di turno, Dr Floyd, come il suo lontano progenitore, si avvicina timoroso, incuriosito e affascinato. Egli è responsabile della futura missione su Giove, destinatario del segnale elettronico emesso dal misterioso parallelepipedo.

– Terza parte. Attraverso la porta delle stelle. Fase animica o dello spirito.

Parte la missione. Il problema territoriale è il medesimo: il possesso della Discovery. Invece dell’acqua o della conoscenza, c’è in gioco l’anima, la parte invisibile che è reclamata dal computer “Hal 9000”. Hal è più intelligente, più veloce, più logico, privo di etica o di sensi di colpa. Il comandante (l’arciere) Bowman, lotta per la sua sopravvivenza e ironia della sorte neutralizza Hal con un semplice cacciavite; uccisione drammatica non certo seconda a quella messa in atto dalla scimmia con il suo osso stretto nel pugno. Ancora l’uomo è sul ciglio dell’estinzione. Il comandante è solo e consapevole della sua prossima fine. E’ all’interno della sua tuta spaziale (qualcuno nota delle similitudini?) Il suo spazio d’azione si restringe, come la sua aria e il suo respiro è al termine. Il monolite è accanto a lui ma egli lo segue per volontà? Disperazione? Rassegnazione? Fede?

La ricompensa questa volta non è un semplice pensiero, ma è la totalità dei pensieri. E’ il compimento dell’Ars Magna, è la conoscenza a 360 gradi, come una progressione geometrica la conoscenza fluisce nell’uomo e lo trasforma nel cristallo più puro. Nuova ambientazione. Stanza d’albergo. La coscienza esaminatrice dell’uomo salta da un se stesso ad un altro se stesso più vecchio e più adattato alla circostanza. Come in un déjà-vu egli avverte la presenza di qualcuno che lo osserva e che si integra al suo interno. Come tanti pezzi di un puzzle, i molti “se stesso” che sono stati in precedenza si fondono (fase intellettuale), fino e non oltre un certo punto critico. L’evoluzione, così come la concepiamo, non può più procedere.

Epilogo

Siamo al limite, e l’uomo è sempre a un passo dall’estinzione. Il comandante Bowman rompe inavvertitamente un bicchiere… e bellissimo è il parallelismo con il primo pensiero cosciente della scimmia che sembra considerare le potenzialità racchiuse nella sua arma che ancora non sa come utilizzare. Ed è anche l’ultimo insegnamento che perviene al vecchio astronauta dal frangersi del bicchiere, e cioè che il corpo è ciò che deve essere lasciato definitivamente affinché l’evoluzione possa compiersi.

E ancora “sfiniamoci” nel vedere l’uomo di nuovo sul ciglio dell’estinzione (Kubrick mai avrebbe ripetuto un concetto tante volte se non fosse davvero importante), ma il monolite è sempre presente nel momento della trasformazione…della nuova nascita. Nasce un essere nuovo, diverso; la sublimazione della semplicità e della conoscenza in un bambino stellare. Come già alla fine del primo capitolo, quello ambientato nel paleolitico con gli uomini scimmia, Kubrick scrive nuovamente: “Adesso era il padrone del mondo ma non sapeva affatto cosa avrebbe fatto in seguito. Ma avrebbe escogitato qualcosa”.

Si chiude qui, con 2001 Odissea nello Spazio 3, la serie di articoli dedicati alla disamina critica da parte di Ambra Mattioli di questo capolavoro della fantascienza cinematografica. Spero di aver fatto cosa gradita a tutti coloro che, come me, non avevano compreso i messaggi lanciati da Stanley Kubrick.

Al prossimo articolo

Lunga Vita e Prosperità

Foto di copertina generata dall’IA Dall-e di Bing